Stampa
Professione
L’editoriale

Innovazione, creatività, sostenibilità sono termini che ormai da tempo hanno assunto un ruolo decisivo nei processi di gestione e sviluppo del settore agroalimentare. Si parla tanto, ma forse si fa ancora poco per il raggiungimento degli obiettivi cruciali che ci permetteranno di compiere il reale salto di qualità ed il vero progresso in questa direzione.


Probabilmente gli Operatori del settore faticano ancora a comprendere pienamente che soprattutto, per quanto riguarda il concetto di sostenibilità, esso va valutato e approcciato nel suo intrinseco complesso di fattori economici, gestionali, ambientali.
Infatti, nel nostro lavoro di Tecnologi Alimentari ci capita spesso di poter osservare come in molti casi tendono a prevalere le ragioni di sostenibilità economica a discapito della sostenibilità ambientale considerata come un bene comune inesauribile, soprattutto per le generazioni future.
Abbiamo pensato tutti per anni, che le risorse generosamente offerte dalla natura, fossero infinite e a disposizione di noi uomini che con spirito di innovazione e creatività ci siamo inventati ingegnosi metodi di coltivazione e produzione intensiva cercando nel futuro per lo più opportunità di profitto.
Ci siamo posti obiettivi ammirevoli e traguardi importanti con lo scopo di combattere la fame, evitare gli sprechi di cibo, proiettando i nostri intenti nel onorevole compito di garantire la sicurezza alimentare, redando tanto di documenti importanti come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea ONU il lontano ormai, 10 dicembre 1948, affermando nell'art. 25 che “Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione…“
Superato ormai questo primo ventennio del nuovo secolo, è giunto il momento di renderci conto che i buoni intenti debbano essere trasformati in azioni permanenti e concrete che portino a risultati tangibili, perché se ci fidiamo ai numeri (e dobbiamo farlo) il quadro complessivo odierno parla chiaro e comunica a voce alta che c’è qualcosa che non va.
Secondo il rapporto annuale (The State of Food Security and Nutrition in the World", 2020) redatto dalla FAO con diverse agenzie delle Nazioni Unite (inclusa l'UNICEF), negli ultimi 5 anni decine di milioni di individui in tutto il mondo sono passati nelle fila dei sottoalimentati cronici e molti paesi sono alle prese con molteplici forme di malnutrizione.
690 milioni di abitanti del pianeta soffrono la fame: un numero superiore di 10 milioni di unità rispetto all'anno precedente e di quasi 60 milioni in più rispetto a cinque anni fa. Sono circa 2 miliardi le persone nel mondo che affrontano livelli moderati o gravi di insicurezza alimentare.
Il Rapporto ONU 2020 sull'alimentazione lancia anche un allarme relativo alla pandemia di COVID-19, prevedendo che da qui alla fine del 2021, altri 130 milioni di individui cadranno nella morsa della malnutrizione cronica per le conseguenze dell'emergenza coronavirus.
È evidente purtroppo (o forse no) che se proprio vogliamo tirar fuori qualcosa di positivo della drammatica esperienza della pandemia, dobbiamo avere il coraggio di ammettere che grazie alle difficoltà provocate dall’emergenza COVID-19 ci vediamo (finalmente) costretti di ammettere le vulnerabilità e le inadeguatezze dei sistemi alimentari globali, intesi come l'insieme di attività e processi che influenzano la produzione, la distribuzione e il consumo di cibo.
La filiera agroalimentare, vista la sua strategica importanza in termini di salute e sopravvivenza della popolazione mondiale, ma anche con il suo pesante impatto sull’ambiente, dovrebbe velocemente e in maniera decisiva effettuare un cambio di rotta che non sia influenzato solamente dal bisogno di soddisfare richieste dettate da mode alimentari o spingendo prevalentemente sulle produzioni di tipo BIO.
Vanno rivisti i concetti di “economia circolare” che non devono essere scambiati o mescolati con la globalizzazione e la libera circolazione di merci.
Come Tecnologi Alimentari, nel nostro ruolo etico e professionale di stakeholders accreditati - soluzioni tecnico-scientifiche a salvaguardia dello sviluppo e della sicurezza alimentare anche per la tutela della salute - siamo giunti al momento decisivo per assumerci anche il compito di diventare promotori di idee, metodi e approcci che permettano concretamente di accelerare il raggiungimento degli obiettivi strategici di sostenibilità in ambito agroalimentare.
Le nostre preziose competenze a fianco di chi si occupa di progettazione, produzione e distribuzione, food cost, spreco alimentare, etichettatura e packaging, si trasformano in azioni concrete a supporto dell’innovazione, sempre a misura d’uomo e nel rispetto dell’ambiente che ci circonda.
La creatività, prima ancora di parlare di Food & Hygienic Design deve adottare i principi del Good Design Thinking, ovvero un radicale cambiamento culturale necessario per trasformare produttori e consumatori da coloro che sfruttano in coloro che convivono in proficua simbiosi con l’ambiente, che a sua volta ritornerà ad essere sostenitore e non più colui che necessita azioni di sostenibilità.

 Massimo Artorige Giubilesi
Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria