Secondo le più recenti proiezioni, in prossimità dell’anno 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi di individui. Come riuscire a produrre e rendere accessibile il cibo necessario per soddisfare le esigenze di tutti questi consumatori e, soprattutto, come farlo nel rispetto delle risorse del nostro pianeta che non sono illimitate, è questione sempre più urgente. 

Al fine di garantire la sicurezza della disponibilità della quantità sufficiente di alimenti salubri per i decenni futuri, gli sforzi della ricerca si stanno orientando non solo al miglioramento di prodotti e processi consolidati ma anche allo studio di potenziali nuove fonti a basso impatto ambientale. 

In questo contesto hanno ripreso interesse le alghe. Una recente ricerca presso l’Ateneo di Parma (Francesco Martelli, Tesi di Dottorato  - Microbiological approaches for the implementation of algae in food: exploitation and safety evaluation) riassume e approfondisce i vantaggi del loro possibile utilizzo. 

L’interesse per le alghe non è certo una novità. Ma anche se conosciute e utilizzate da secoli in alcuni paesi, negli ultimi decenni è aumentata nuovamente l'attenzione per il loro possibile impiego come “nuova” fonte alimentare. Quali i vantaggi? In primo luogo le alghe non necessitano di acqua dolce e la loro coltura non prevede l’occupazione e il consumo di terreni coltivabili. Inoltre le alghe sono caratterizzate da elevata presenza di proteine, aminoacidi essenziali, fibre alimentari, vitamine, minerali e composti bioattivi. Ne consegue che, oltre ad essere consumate come tali, potrebbero divenire utili ingredienti di formulazioni più articolate. Diverse “attività di interesse biologico” sono state associate alle alghe, quali l’azione antimicrobica, antiossidante, antidiabetica, antinfiammatoria e immunomodulante. L’abbondanza di composti bioattivi conferisce a questi organismi un interessante potenziale applicativo, non solo per le industrie alimentari ma anche per quelle farmaceutiche e/o nutraceutiche. A completamento di questo panorama anche nel settore “produzione di energia” gli studi in merito al potenziale sfruttamento delle alghe stanno trovando interesse. 

Per l’insieme di questi motivi, l’impiego di alghe o loro derivati nella produzione alimentare potrebbe essere una delle possibili opzioni per cercare di garantire la disponibilità di nuovi alimenti per i prossimi decenni.  

Dunque problema risolto? Mangeremo tutti derivati di alghe in futuro? Ovviamente non credo. Si tratta piuttosto di studiare e sviluppare processi produttivi che permettano di provare a concretizzare queste potenzialità e produrre prodotti alimentari soddisfacenti per i consumatori. A più riprese negli anni le alghe sono balzate sul palcoscenico dell’interesse mondiale come possibile fonte alimentare alternativa, per poi solitamente tornare nell’oblio. Senza la verifica applicativa della possibilità di impiego da parte dei tecnologi alimentari, i dati potenziali resteranno solo interessanti e stimolanti ricerche accademiche che finiranno inesorabilmente, nuovamente, accantonate in attesa di una nuova occasione.

Erasmo Neviani

Ordinario di Microbiologia Agraria

Università degli Studi di Parma

Presidente del Comitato Italiano FIL-IDF

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