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Tecnologie
Packaging & Tracciabilità

“La plastica è un materiale meraviglioso, comodo, utile ma vittima del suo successo”, ha detto Carlo Alberto Pratesi, docente di marketing, innovazione e sostenibilità dell’Università Roma Tre. Una sintesi suggestiva per dire che, pur non negando i progressi che la plastica ha permesso di raggiungere in ogni campo di applicazione (nell’alimentare pensiamo a shelf-life, sicurezza, convenience…), oggi dobbiamo affrontare il nodo del suo impatto ambientale. Una situazione dovuta non tanto al materiale in sé ma all’uso, all’abuso e alla gestione del fine-vita.

Riutilizzo e riciclo della plastica

Nel cammino verso un’economia circolare tutte le filiere a ogni livello sono coinvolte nel passaggio a produzioni sostenibili. Secondo Eva Alessi di WWF Italia per risolvere il problema complesso dell’inquinamento della plastica “occorrono soluzioni complesse, che coinvolgano tutti gli attori: la filiera di produzione, i cittadini e una forte volontà politica. Bisogna dare impulso a un’economia circolare della plastica che sia basata su una riduzione dei consumi, ma anche sul riutilizzo, sulla ricerca di prodotti sostitutivi a minor impatto, sulla gestione rifiuti, sull’incremento del riciclo e sull’ampliamento del mercato delle materie prime seconde”.

Un mercato che si sta evolvendo, come dimostrano i numeri degli ultimi rapporti Plastic-The Facts 2020 e Plastic-The Facts 2021, l’analisi dei dati relativi alla produzione, domanda e gestione dei rifiuti di materie plastiche, redatta da PlasticsEurope, l’Associazione dei produttori di plastiche in Europa e da EPRO, l’Associazione europea delle organizzazioni di recupero e riciclo della plastica. Il 2020 ha visto un calo nella produzione di plastica: 360 milioni di tonnellate prodotte, un milione in meno rispetto all’anno precedente. “Una tendenza che segna un cambio di rotta”, commenta Alberto Palaveri, Presidente Giflex – gruppo imballaggio flessibile, “guidata probabilmente dalla pressione dell’opinione pubblica, che ha indirizzato il mercato verso una serie di scelte alternative: dal maggiore uso di materiali da riciclo, per esempio, alla diminuzione della quantità di materiale impiegato a parità di funzione”.

Flexible packaging

La ricerca sta avendo un ruolo importante. La strategia sulla plastica mira anche a trasformare il modo in cui i prodotti in plastica sono progettati, prodotti, utilizzati e riciclati nell’UE. Un settore in grande fermento è quello del flexible packaging, il cui mercato di sbocco è per l’80% l’industria alimentare, con diversi punti di forza e qualche sfida da vincere, dice Alberto Palaveri, da noi intervistato in merito alle sfide da affrontare. “Siamo leggeri e salvaspazio: a fronte del 50% di pack flessibili in un supermercato usiamo solo il 15% del materiale totale, con innumerevoli vantaggi in fase di trasporto, a scaffale e a casa del consumatore. Secondo uno studio di Flexible Packaging Europe (FPE), se tutti i prodotti, in Europa, venissero imballati in flessibile (escluse le bevande) si avrebbe una riduzione del 30% della CO₂, oltre all’80% di materiali da imballaggio consumati in meno, una diminuzione di circa 42 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra e un risparmio di oltre 270 milioni di m³ di acqua. Questa tipologia di imballaggi avrebbe infatti un’impronta di carbonio significativamente inferiore rispetto alle soluzioni di imballaggio alternative. Alcuni studi lo hanno dimostrato su specifiche categorie di prodotti come i sacchetti pouch flessibili per olive e salse (vedi box pouch). Oggi il settore sta compiendo un grande sforzo per ridefinire gli standard di progettazione e creazione di pack flessibili”, spiega ancora Palaveri.

Life cycle thinking

Nel vivo dell’attuazione del Green Deal, l’UE ha messo in campo una strategia per la plastica facendone un punto di snodo della transizione verso un’economia circolare e carbon neutral: un piano di azioni che riguardano la plastica, per contrastare l’inquinamento ambientale, con particolare riguardo ai rifiuti marini, le emissioni di gas serra e la nostra dipendenza dai combustibili fossili importati e per accelerare la transizione verso un’economia circolare ed efficiente sotto il profilo delle risorse. Norme e obiettivi specifici si applicano già o si applicheranno presto a diversi settori (tra cui plastica monouso, imballaggi in plastica, microplastiche e plastiche bio-based, biodegradabili e compostabili) e contribuiranno al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030, degli accordi di Parigi sul clima e degli obiettivi di politica industriale dell’UE. 

“Si può dire che i tempi siano maturi: la parola sostenibilità si è riempita di significati; possiamo guardare al grande lavoro che c’è da fare, ma abbiamo delle prospettive e delle strade da seguire. La plastica nasce come materiale alternativo, leggero, funzionale, ma proprio queste sue peculiarità hanno favorito il concetto – sbagliato – di ‘materiale usa e getta’, alimentando una filiera di produzione lineare che oggi non è più sostenibile”, dice Maria Chiara Lucchetti, docente di Circular Economy and Sustainability Management, Università Roma Tre. La ricetta è la collaborazione fra i settori, l’educazione del cittadino e infine la circolarità, per tutti i materiali ma in particolare per la plastica. Il riutilizzo, recupero e riciclo è l’approccio necessario anche nell’ottica di Life cycle thinking, cioè una valutazione di tutti gli impatti lungo l’intero arco di vita di un prodotto, ambientale, sociale, economico, in modo da avere una comparazione corretta con tutti gli altri materiali. Oggi la sostenibilità è fatta di azioni e piani concreti, di cui tutti, dal consumatore con i suoi comportamenti responsabili, alla ricerca, alle imprese e alla politica, devono farsi carico.