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Tante differenze e poche analogie tra i comportamenti verso il vino tra vecchie e nuove generazioni. Nomisma Wine Monitor ha approfondito l’approccio nei confronti del mondo di quello che un tempo era venerato come il Nettare di Bacco delle face di età più giovani e più mature. E il futuro sarà all’insegna dell’inverno demografico.

Uno delle maggiori preoccupazioni per chi lavora ne mondo del vino è la scarsa attrattività di questo prodotto presso le nuove generazioni. I giovani non bevono vino (o ne bevono meno di quanto ci si aspetterebbe) perché attratti da altri prodotti competitor (alcolici e non) generando così il timore che venga a mancare un ricambio generazionale nei consumatori, con tutti gli effetti a cascata sulla filiera vitivinicola italiana, dalla produzione alla distribuzione.

Gli studi di Nomisma Wine Monitor hanno effettivamente evidenziato come, rispetto al passato, oggi i giovani siano inseriti in un contesto economico e sociale differente, con comportamenti di consumo parimenti diversi. Per le fasce più giovani, tra i 18 e i 25 anni, si tratta soprattutto di un consumo occasionale, spesso preferendo cocktail e long drink. Tra le evidenze emerse c’è anche una ridotta conoscenza dei territori di produzione, ma le scelte dei più giovani sono maggiormente orientate alla sostenibilità e all’attenzione alla salute e al proprio benessere, rispetto a quanto accadeva in passato.

Inevitabile invecchiamento

“Una cosa sembra essere certa: nel mondo e soprattutto in Italia si assisterà ad un progressivo e ineluttabile invecchiamento della popolazione, oltre che ad una sua riduzione. Il cosiddetto ‘inverno demografico’ che sta già interessando il nostro paese porterà, da qui a trent’anni, ad avere un terzo degli italiani con più di 65 anni, contro il 23% di oggi. E questo cambiamento, necessariamente, si riverserà nei consumi, anche di vino” – commenta Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor.

Nel 2050 le condizioni economiche e sociali del Paese non saranno le stesse di oggi e di conseguenza anche i comportamenti di consumo saranno diversi da quelli attuali. Tuttavia, come alcune analogie si sono trasmesse tra generazioni nel corso degli anni passati, molto probabilmente lo stesso accadrà in futuro.

Le scelte dei baby boomer

Partendo dalle consumer survey che Nomisma Wine Monitor realizza periodicamente – e prendendo in ordine di tempo l’ultima implementata in Italia lo scorso giugno – si nota che i cosiddetti baby boomer (i consumatori di 60 anni e più) sono tra coloro che consumano vino quotidianamente più della media, che non snobbano spumanti, bianchi e rossi fermi ma non amano particolarmente i rosati, che consumano vino principalmente durante i pasti e meno al di fuori (ad esempio per l’aperitivo) e di conseguenza per lo più tra le mura domestiche (7 su 10) e che, al momento dell’acquisto, uno su due guarda principalmente all’origine territoriale di produzione mentre un altro 17% si rifà al vitigno, con appena il 5% che invece si interessa ai temi “green” (bio e sostenibilità).

Se confrontiamo il profilo del consumatore baby boomer con quello della Gen Z (fino a 28 anni), ci troviamo agli antipodi. Per i più giovani, infatti, il consumo di vino è quasi esclusivamente occasionale (e non quotidiano), la tipologia più consumata è quella degli spumanti o dei bianchi fermi; inoltre, pur non disdegnando il consumo durante i pasti, sono frequenti quelli nei momenti conviviali (aperitivo, feste, ecc) mentre nella scelta di acquisto il consiglio/passa parola così come l’attenzione alla sostenibilità assumono una maggior rilevanza.

Italia comportamenti di consumo di vino per fascia di eta 768x464

Rispetto a questi due estremi, i profili descritti per la Gen Z tendono ad avvicinarsi a quelli dei baby boomer al crescere dell’età. In altre parole, sembra esserci una diretta correlazione all’anzianità dei consumatori per molte delle variabili di consumo descritte in precedenza. A titolo di esempio, si pensi ai bevitori quotidiani di vino: sono il 10% nella Gen Z, crescono al 21% tra i Millennials, al 29% nella Gen X per arrivare al 35% tra i baby boomer. Analogamente, il 46% degli under 28 consumano vino durante i pasti, un’incidenza che arriva al 48% tra i Millennials, al 63% tra la Gen X e al 66% tra i baby boomer. Lo stesso trend si rileva, ad esempio, per l’importanza dell’origine territoriale nella scelta di acquisto, così come l’attenzione alla sostenibilità si muove in direzione opposta (più alta nella Gen Z per poi diminuire progressivamente all’aumentare dell’età dei consumatori).

Una riflessione conclusiva

“In conclusione, guardando a queste tendenze, si potrebbe quindi desumere che, anche nel caso del vino, esiste un ciclo di vita dei consumi che dipende dall’età dei consumatori e che quindi il gap attualmente attribuito ai più giovani dovrebbe colmarsi al crescere dell’età. Purtroppo, però, rispetto a questa teoria, nel corso degli ultimi anni sono intervenuti alcuni fattori di cambiamento nel mondo del vino che hanno modificato la naturale traiettoria di crescita del rapporto ‘consumi /età’ e che probabilmente diventeranno strutturali. Mi riferisco in particolare al tema del salutismo e alla relativa e crescente attenzione da parte dei consumatori, un fattore che sembra essere trasversale tra le generazioni (tanto nella Gen Z quanto nei baby boomer, anche se le motivazioni di fondo possono essere differenti) e che si colloca alla base non solo della riduzione nei consumi, ma anche dei nuovi trend di mercato (in particolare dei vini dealcolati e a bassa gradazione)” – conclude Pantini.