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Tecnologie
Carni e derivati

Non solo Map e sottovuoto. Le tecnologie per massimizzare la qualità e la durata di conservazione della carne sono molteplici: superchilling, pastorizzazione a freddo, bioconservazione, nuovi imballaggi, come i materiali a cambiamento di fase e quelli contenenti nanoparticelle.

Diversi sono i fattori che influenzano la conservazione della carne confezionata lungo tutta la filiera produttiva dall’allevamento alla macellazione, lavorazione, confezionamento, stoccaggio e distribuzione. Assumono un’importanza fondamentale il benessere degli animali, le pratiche igieniche, di controllo e monitoraggio, i nuovi sistemi di confezionamento e le nuove tecnologie per massimizzare la qualità e la durata di conservazione della carne. La qualità della carne dipende da diversi parametri. È fondamentale comprendere la loro influenza sulla shelf life al fine anche di ridurre gli sprechi alimentari e migliorare la sostenibilità della filiera. L’imballaggio e lo stoccaggio sono fondamentali per prolungare la shelf life di un prodotto ritardando/inibendo gli effetti deterioranti dei microrganismi e dell’ossigeno e contenendo e proteggendo il prodotto dall’ambiente circostante. La carne fresca al dettaglio è solitamente confezionata in imballaggi permeabili all’aria (APP)/imballi avvolgenti o in imballaggi in atmosfera modificata (MAP), mentre l’imballaggio sottovuoto (VP) viene utilizzato per grandi tagli di carne all’ingrosso. 

Soluzioni alternative

La shelf life dipende dalla temperatura di conservazione e dalle fluttuazioni della stessa. Il mantenimento della catena del freddo è essenziale. Il superchilling può migliorare la durata di conservazione della carne rossa fresca da 1,5 a 4 volte rispetto al raffreddamento convenzionale, abbassando la temperatura del prodotto di 1-2°C al di sotto del suo punto di congelamento iniziale con conseguente parziale cristallizzazione del ghiaccio. Il metodo di superchilling con aria fredda a bassa temperatura, alta velocità e breve durata sembra essere quello più interessante. Il risultato è un piccolo strato sottile di ghiaccio in superficie, che assorbe il calore dall’interno e consentirà il raggiungimento dell’equilibrio. Oltre al vantaggio di ridurre i costi della manodopera e dell’energia, il superchilling evita anche effetti negativi come la perdita di peso e di freschezza del prodotto e le ustioni del congelatore durante il congelamento e aumenta la capacità delle apparecchiature di raffreddamento riducendo i tempi di processo, rendendo la tecnologia efficiente dal punto di vista energetico ed economicamente fattibile.

L’HPP, nota anche come pastorizzazione a freddo, è una tecnologia non termica che inattiva i patogeni di origine alimentare, il microbiota deteriorante e l’attività enzimatica, a basse temperature e alte pressioni di 400-600 MPa, migliorando la durata di conservazione di un prodotto. Diversi studi hanno riportato che il trattamento della carne cruda con alte pressioni di 80-100 MPa inattiva gli enzimi catalitici che causano l’ossidazione. L’attività batterica, invece, può essere inibita solo a pressioni di 350-600 MPa. A questi valori, la mioglobina e le proteine ​​muscolari si denaturano, conferendo alla carne cruda un aspetto cotto. La sterilizzazione commerciale mediante HPP non è attualmente disponibile per la carne fresca a causa dei suoi limiti. Tuttavia, in combinazioni con altri ostacoli e pressioni moderate, l’HPP può essere una potenziale tecnologia per migliorare la durata di conservazione della carne fresca.

La bioconservazione è una tecnologia che utilizza composti naturali, microrganismi e sottoprodotti del microbiota come acidi organici, batteriocine, perossidi di idrogeno e lisozimi per prolungare la shelf life. I bioconservanti possono essere incorporati come ingredienti attivi nel materiale di imballaggio o accoppiati con sistemi di imballaggio. Leucocina A, enterocina A e B, sakacina, nisina, pediocina PA-1/AcH sono le batteriocine più comunemente utilizzate nella carne e nei prodotti a base di carne, con la funzione di inibire la crescita di batteri gram-positivi e alcuni agenti patogeni di origine alimentare come Salmonella, Bacillus cereus Listeria monocytogenes. I polifenoli vegetali come gli acidi tannici, le catechine, gli acidi ferulici e gli acidi ellagici agiscono inibendo la degenerazione ossidativa di proteine ​​e lipidi della carne fresca, facendo di questi composti naturali delle valide alternative agli additivi alimentari sintetici.

Nuovi imballaggi

Carneconfezionata shutterstock 1836154456Un imballaggio attivo prevede l’interazione tra confezione, prodotto e microambiente per migliorare la shelf life. I composti attivi assorbono sostanze chimiche derivate dal cibo o dal microambiente o rilasciano composti che aiutano a controllare i processi di deterioramento. Gli imballaggi antimicrobici, antiossidanti e che emettono/generano CO2  sono i più comuni utilizzati nell’industria della carne.
Esistono sul mercato anche sistemi di imballaggio incorporati con composti bioattivi. Gli agenti antimicrobici e antiossidanti migliorano la durata di conservazione della carne emettendo o assorbendo sostanze che distruggono i microrganismi e gli ossidanti dei radicali liberi. È stato sviluppato, ad esempio, un imballaggio attivo per carne macinata fresca immergendo un laminato di poliammide in una soluzione di estratto di tè verde (GTE). I composti attivi di GTE hanno inibito l’ossidazione della mioglobina e mantenuto la freschezza della carne proteggendola dall’ossidazione dei lipidi per più tempo. Alcuni studi si sono focalizzati sul potenziale antimicrobico delle nanoparticelle d’argento incorporate nell’imballaggio. Altri ancora hanno visto che film infusi con olio di semi di lino, olio essenziale di zenzero e olio di semi d’uva hanno aumentato la durata di conservazione della carne fresca. 
Sono stati anche formulati aerogel antibatterici contenenti nanoparticelle di rame incapsulate in lipidi, come sostanze attive per migliorare la durata di conservazione della carne suina fresca. 
Da tempo, l’industria della carne utilizza tamponi assorbenti posizionati sul fondo dell’imballaggio per l’assorbimento di liquidi tissutali durante lo stoccaggio. In diversi studi si è visto che, con l’aggiunta di composti attivi, come cationi polimerici, cellulosa batterica, la durata di conservazione della carne rossa può essere migliorata ritardandone il deterioramento. Gli scavenger di O2 o gli emettitori di CO2 riducono la concentrazione di O2 a meno dello 0,01% rispetto ai normali livelli dello 0,3–3% raggiunti dal MAP. 
Sistemi di imballaggio intelligenti e smart sono in grado di raccogliere e comunicare al cliente e al produttore dati sulla qualità e la sicurezza del prodotto alimentare racchiuso nella confezione con l’ausilio di sensori, tag ed etichette. Essi tracciano il prodotto, monitorano l’ambiente interno/esterno della confezione e comunicano le condizioni dell’alimento stesso ai clienti. Alcuni sistemi di imballaggio intelligenti applicati alla carne fresca sono indicatori tempo-temperatura (TTI), sensori di gas, etichette di identificazione a radiofrequenza (RFID), codici a barre, indicatori di agenti patogeni e indicatori di freschezza.

Materiali a cambiamento di fase

Le alte temperature e le fluttuazioni di temperatura possono avere un impatto negativo sulla crescita microbica e sul deterioramento chimico della carne. Per fornire prodotti di alta qualità e ridurre gli sprechi, la temperatura deve essere mantenuta entro l’intervallo appropriato lungo tutta la catena del freddo. I materiali comunemente utilizzati per il confezionamento della carne (polietilene, polipropilene, polivinilcloruro, poliestere, poliammide, cloruro di polivinilidene ed etilene vinil alcol) non sono efficaci nel controllare le fluttuazioni di temperatura. L’uso di materiali a cambiamento di fase (PCM phase change material) potrebbe essere una soluzione promettente per mantenere la temperatura degli alimenti a un livello adeguato durante la conservazione e la distribuzione, oltre a ridurre il consumo energetico complessivo. I PCM sono un gruppo di sostanze che possono immagazzinare una quantità elevata di energia termica, come calore latente, durante il loro processo di cambiamento di fase. Se i PCM vengono utilizzati negli imballaggi possono assorbire l’energia in eccesso quando la temperatura aumenta lungo la catena di distribuzione, mantenendo la temperatura dell’alimento entro l’intervallo desiderato. La selezione del PCM appropriato per l’uso nei sistemi di accumulo di energia è di grande importanza. Alcuni studi dimostrano che il tetradecano sia uno dei materiali più adatti. È stato infatti sperimentato con successo un nuovo prototipo di imballaggio costituito da tetradecano, intrappolato all’interno di alginato di calcio per evitare variazioni termiche nei campioni di carne, quando vengono sottoposti a temperature fluttuanti o tenuti a temperatura ambiente. Inoltre, i parametri fisico-chimici della carne nella confezione contenente PCM si sono dimostrati più stabili rispetto al campione fresco.

Nanoparticelle

La nanotecnologia è un campo promettente che può rivoluzionare l’industria dell’imballaggio alimentare fornendo materiali ad alta barriera e materiali attivi e intelligenti in grado di comunicare e proteggere attivamente il cibo racchiuso nella confezione. 
Le nanoparticelle (dimensioni tra circa 1 e 100 nm) stanno trovando applicazioni in diversi campi, dai moderni composti tessili alla lavorazione degli alimenti, dalla produzione agricola alle tecniche medicinali avanzate. Ad esempio, sono stati studiati imballaggi alimentari con nanoparticelle di ZnO e hanno dimostrato di avere una struttura migliore dei corrispettivi standard in termini di protezione dei prodotti alimentari e prolungamento della loro shelf life. In particolare si è visto che l’incorporazione di nanoparticelle di ZnO nei materiali di imballaggio per alimenti ha fornito al materiale attività antimicrobica e interessanti proprietà, come resistenza meccanica, proprietà barriera e stabilità termica e di conservazione. Tuttavia, non è ancora noto quali livelli di nano-esposizione stiamo attualmente affrontando, quale concentrazione di esposizione potrebbe danneggiare la salute o l’ambiente e se i nanomateriali si bioaccumuleranno o meno lungo la catena alimentare. In attesa di una comprensione completa supplementare del comportamento biologico dei nanomateriali, sembra necessaria una normativa chiara che chiarisca le limitazioni delle applicazioni dei nanomateriali nei materiali a contatto con gli alimenti.

Stefania Milanello
Esperta di impianti alimentari e divulgatrice scientifica