Le produzioni di eccellenza italiane sotto la lente d’ingrandimento del nuovo rapporto Ismea-Qualivita. L’Italia con 856 prodotti è il Paese con il maggior numero di filiere DOP IGP STG al mondo, davanti a Francia e Spagna.
Quella che in gergo viene definita la DOP economy rappresenta oggi circa un quinto del valore complessivo dell’intera produzione del settore agroalimentare nazionale: una dimostrazione dell’importanza di un sistema fatto di 195 mila operatori tra aziende agricole e trasformatori. A livello complessivo, nel 2023 il valore totale dei prodotti alimentari e dei vini DOP e IGP italiani si è attestato sopra ai 20 miliardi di euro, con un’ulteriore crescita annua, seppur lieve, dello 0,2%, nonostante gli effetti dei cambiamenti climatici e degli aumenti dei costi di produzione.
Sono alcune delle più impressionanti evidenze del Rapporto Ismea-Qualivita, giunto alla XXII edizione, che fornisce i dati produttivi ed economici dei comparti a Indicazione Geografica. Si tratta di un lavoro frutto del connubio tra ISMEA (l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e Qualivita, la fondazione che rappresenta la rete dei Consorzi di tutela del mondo delle IG.
Sergio Marchi, Direttore Generale Ismea, ha ribadito come nei difficili anni post 2020 sia emersa la “straordinaria capacità di reazione degli operatori del settore alle numerose e diverse criticità” e come proprio “grazie ai Consorzi di tutela, negli ultimi anni sono stati avviati numerosi progetti di sviluppo” per le aziende del settore (per la riduzione dei costi, il miglioramento della produzione e delle attività di commercializzazione etc.), anche incentrate sulla ricerca e sulla formazione. E con una cultura aziendale improntata ai valori della sostenibilità, e un approccio attento alla transizione digitale in atto. Ci sono quindi tutte le ragioni per guardare con ottimismo al futuro perché il mondo delle produzioni certificate mostra segnali di grande vitalità. Come segnala ancora Marchi per il buono stato di salute di questo mondo svolgono un ruolo importante anche misure come il Piano Strategico della PAC 2023-2027 (PSP) italiano, che riserva alle Indicazioni Geografiche un posto importante e due specifici interventi di sviluppo rurale (SRG03 e SRG10) per i quali, nel quinquennio di programmazione, è prevista una spesa pubblica complessiva di oltre 120 milioni di euro.

Il quadro generale
Entrando nel dettaglio dei dati del rapporto, il valore totale della produzione certificata di cibo e vino DOP IGP nel 2023 è rimasto sopra la soglia dei 20 miliardi di euro, con un contributo del 19% al fatturato dell’agroalimentare nazionale. Questi risultati sono il frutto di un andamento opposto fra il comparto cibo in crescita del +3,5%, che raggiunge 9,17 miliardi di euro, e il settore vitivinicolo in calo del -2,3% con un valore di 11,03 miliardi di euro.
Il quadro diventa più variegato quando si prendono in considerazione gli impatti territoriali delle filiere DOP IGP. Le quattro regioni del Nord-Est rappresentano il 54% del valore della DOP economy italiana e hanno risultati stabili. Bene nel complesso il Nord-Ovest (+1,5%) e soprattutto l’area sud e Isole che con una crescita del +4% registra il risultato migliore di sempre. Frenano, invece, le regioni del Centro (-3,9%).
Passando alle esportazioni il comparto DOP IGP nel 2023 ha raggiunto 11,6 miliardi di euro (-0,1%), con 4,67 miliardi di euro per il cibo, con un +0,7% su base annua e un trend del +90% dal 2013, con andamento opposto nel complesso fra mercato UE (+6,4%) e mercato Extra-UE (-6,9%), e 6,89 miliardi di euro per il vino.
Nel mercato interno la spesa per i prodotti DOP IGP nella GDO è cresciuta del +7,2% su base annua, fino a raggiungere i 5,9 miliardi di euro, con il +9,5% per i prodotti alimentari e il +2,7% per il vino, dati confermati nei primi nove mesi del 2024 (+1,2% rispetto allo stesso periodo del 2023).
Ma quanti sono oggi questi prodotti di eccellenza? Nel 2023, l’Italia ha registrato 856 prodotti DOP, IGP e STG nel settore agroalimentare e vitivinicolo. Le filiere DOP e IGP coinvolgono 194.387 operatori e danno lavoro a 847.405 occupati. Inoltre, sono attivi 317 consorzi di tutela, autorizzati dal Masaf, che garantiscono la protezione e la promozione dei prodotti certificati.
Per quanto riguarda il settore alimentare, l’Italia conta 328 prodotti DOP, IGP e STG registrati. Il valore alla produzione ha raggiunto i 9,17 miliardi di euro, con una crescita annua del 3,5%, mentre il valore al consumo è pari a 17,97 miliardi di euro, in aumento del 3,6%. Anche l'export del comparto ha segnato una crescita dello 0,7%, arrivando a 4,67 miliardi di euro. Gli operatori delle filiere alimentari certificate sono 87.212, mentre gli occupati nel settore agricolo e dell'industria alimentare raggiungono le 585.543 unità. Il sistema di tutela è garantito da 182 consorzi riconosciuti dal Masaf.
Nel settore vitivinicolo, l’Italia vanta 528 prodotti DOP e IGP. La produzione imbottigliata ha raggiunto i 25,9 milioni di ettolitri, registrando una flessione dello 0,7% su base annua. Il valore alla produzione del vino certificato è di 11,03 miliardi di euro, con una riduzione del 2,3% rispetto all'anno precedente, mentre il valore dell'export si attesta a 6,89 miliardi di euro, con un lieve calo dello 0,6%. Le filiere vitivinicole contano 107.175 operatori, mentre il numero di occupati nel settore vitivinicolo e nell'industria alimentare raggiunge le 332.506 unità. I consorzi di tutela riconosciuti dal Masaf sono 135, impegnati nella salvaguardia della qualità e nella promozione dei vini certificati.
Dove vanno le nostre esportazioni?
Il peso delle esportazioni dei nostri prodotti tipici è davvero importante. Con un valore di 4,67 miliardi di euro a valore e un ragguardevole +90% in 10 anni (era solo di 2,46 miliardi nel 2013), si tratta di numeri che fotografano una crescita davvero imponente, un settore che col tempo è diventato un vero e proprio volano della nostra economia produttiva.
A livello globale, più della metà del nostro export resta in Europa (60%). I principali Paesi di sbocco dei nostri prodotti sono di gran lunga la Germania e la Francia anche se per entrambi il peso percentuale è in calo. Fuori dal nostro continente, dominano le esportazioni verso gli Stati Uniti 819 milioni (con la pesante incognita dei dazi promessi dal neoletto Presidente Trump), la Gran Bretagna e il Canada. Tra i prodotti maggiormente apprezzati fuori dai nostri confini, emerge con forza il peso dei formaggi (con un valore di 2.746 milioni di euro), seguiti dagli Aceti Balsamici a grande distanza (818 mil) e prodotti a base carne (610 mil). Più distanziati paste, ortofrutticoli, olii.
Dal mondo all’italia
È utile a questo punto capire quale sia il peso del Made in Italy certificato rispetto all’insieme dei prodotti su scala mondiale. Iniziamo col dire che a livello globale si contano complessivamente 3.193 prodotti DOP IGP STG nei Paesi UE, di cui 1.564 agroalimentari e 1.629 vitivinicoli. A questi si aggiungono le 236 produzioni DOP IGP STG registrate in 19 Paesi extra comunitari – dato che include anche la denominazione transnazionale di Irlanda e Regno Unito.
Una sottodivisione a livello del nostro continente dice che in Europa i prodotti agroalimentari sono così ripartiti: 667 DOP, 833 IGP e 64 STG, mentre i vini si dividono in 1.185 DOP e 444 IGP.
E come era lecito attendersi è proprio l’Italia con 856 prodotti il Paese con il maggior numero di filiere DOP IGP STG al mondo, un primato che la colloca davanti a Francia (717), Spagna (366), Grecia (266), Portogallo (195) e Germania (143). Nei primi 10 mesi del 2024 si sono registrati 3 nuovi prodotti IGP.
Nell’agroalimentare l’Italia vanta 328 prodotti DOP IGP STG e 2 nuove registrazioni; per il settore vitivinicolo si contano 528 denominazioni. Con una cancellazione e un nuovo ingresso nel 2024.
La classifica regionale nazionale vede al primo posto la Toscana con 90 referenze DOP e IGP, subito dopo il Veneto con 89 prodotti e il Piemonte leggermente distanziato con 84. Tutte e tre con una forte dominanza dei vini, rispettivamente 58, 53 e ben 60, soprattutto DOP. Scorrendo l’elenco, troviamo le altre grandi regioni italiane, Lombardia, Emilia-Romagna e Sicilia, con un maggior equilibrio tra cibi e vini e poi, e via via le altre.
Oltre 800 mila occupati
Se ancora non bastasse esiste un ulteriore dato a confermare il peso di questo settore nell’economia nazionale, ed è quello relativo al numero di persone che, a diverso titolo, sono occupate nelle variegate attività di questa filiera. Per i lavoratori della DOP economy parliamo di un numero non così lontano dal milione di persone. Lo studio stima quasi 850 mila rapporti di lavoro nel 2023, fra quelli del comparto cibo (585.543) e quelli del settore vitivinicolo (332.506).
Formaggi e carni trainano il settore
I 9,17 miliardi di euro raggiunti dal settore agroalimentare sono ancora più “imponenti” se si pensa che la crescita rispetto al 2013 è stata del 44%; i numeri sono da record anche quando si guarda il valore al consumo, che sfiora i 18 miliardi di euro nel 2023. Tra i diversi comparti si segnala quello dei formaggi, in crescita del +5,3%, che superano per la prima volta i 5,5 miliardi di euro di valore alla produzione e rappresentano il 60% del cibo DOP IGP, seguiti dai prodotti a base di carne che con il +0,7% generano un valore di 2,3 miliardi di euro, per un peso del 25%. Gli ortofrutticoli mostrano nel complesso un calo del -2% con 379 milioni di euro di valore alla produzione. Seguono gli aceti balsamici con 358 milioni di euro di valore alla produzione, in calo del -7,6% sul 2022 e le paste alimentari con 274 milioni di euro (+1,9% sul 2022). Fanno un balzo in avanti significativo del +32,6% gli oli di oliva che superano per la prima volta la soglia dei 100 milioni raggiungendo un valore alla produzione di 115 milioni di euro nel 2023. Continuano a crescere i prodotti della panetteria e pasticceria (+9,5% con 115 mln di euro) e le carni fresche (+10,3% con 114 mln di euro).

Sfide, criticità e innovazioni
Come evidenziato da Mauro Rosati, Direttore Generale Fondazione Qualivita, la DOP economy italiana è in buona salute, e lo è in tutto il Paese, in particolare con un trend in crescita nelle regioni del Mezzogiorno.
Tuttavia, il mondo corre veloce e i mutamenti socioeconomici avranno sempre più un forte impatto sul mondo delle eccellenze agroalimentari. Tra gli aspetti a cui guardare per non farsi trovare impreparati Rosati segnala il Regolamento UE 2024/1143 che indirizza il settore delle Indicazioni Geografiche verso la sostenibilità, fissando priorità come la riduzione delle emissioni, la gestione responsabile delle risorse e l’adattamento ai cambiamenti climatici. I Consorzi assumono un ruolo chiave, diventando i principali promotori di azioni concrete per migliorare l’impatto ambientale, sociale ed economico e con un nuovo ruolo nella gestione del turismo enogastronomico legato alle Indicazioni Geografiche. Tuttavia, Rosati segnala anche alcuni rischi, come ad esempio quello di “musealizzazione” le aziende agricole e l’overtourism, che potrebbero compromettere l’autenticità e la sostenibilità dei territori.
Tra le sfide da affrontare una riguarda il mondo del vino: emergono nuove tendenze di consumo, come i vini dealcolati e i vini in lattina, particolarmente apprezzati dalla Gen Z. Questi cambiamenti potrebbero ridurre il peso del territorio e del concetto di Indicazione Geografica, modificando le logiche di acquisto dei consumatori. Sebbene l’impatto immediato sia limitato, nel lungo periodo potrebbe incidere profondamente sul settore vitivinicolo.
Invece per il settore degli oli, nonostante un +33% di crescita nel 2023, esiste una certa fatica a ottenere il prestigio e il valore economico desiderati. Le Indicazioni Geografiche hanno trasformato l’olio extravergine in un prodotto premium, ma l’adozione di modelli produttivi intensivi ispirati alla Spagna e la possibile introduzione di un Sistema di Qualità Nazionale standardizzato vengono indicati come rischi che possono compromettere il valore costruito nel tempo e rendere l’Italia meno competitiva rispetto a Paesi con costi più bassi (Spagna, Turchia e Nord Africa).
L’ultimo ma non ultimo tema di fronte alle produzioni di eccellenza legate al territorio è quello dell’innovazione e dell’intelligenza artificiale. Apparentemente un argomento lontano: al contrario, nessuno si può sentire a parte rispetto a un’innovazione di portata così rivoluzionaria. Che fare per non farsi trovare impreparati rispetto a un mondo che corre sempre più veloce? Per i curatori del rapporto oggi è fondamentale investire in un’intelligenza artificiale dedicata al settore agroalimentare, sviluppare un ecosistema digitale per supportare le imprese, migliorare le tecniche produttive e raccontare le storie dei prodotti italiani.
David Migliori






