Abbiamo chiesto a Valerio Sarti, tecnologo alimentare e consulente aziendale per Viesse Consulting quali sono gli aspetti critici in ambito igieni-sanitario di una tendenza emergente: quella del food delivery, la consegna a domicilio di pasti preparati in ambiente di ristorazione.

Il food delivery è una tendenza emergente: come si sta sviluppando? 

A livello mondiale, il mercato è pari a 83 miliardi di euro (1% del mercato alimentare totale), con un tasso di crescita annuo complessivo stimato al 3,5% per i prossimi cinque anni. Nel 2019 in Italia l’online food delivery ha generato 590 milioni di euro per il settore della ristorazione, crescendo del 69% rispetto al 2018, confermando il tasso costante di crescita annuale del 68-70%. In Italia, si tratta di un mercato da più di 3 miliardi di euro complessivi, ma solo l’11% del food delivery è online. La restante parte riceve ancora gli ordini tramite sistemi tradizionali (telefono), gestendo le consegne in proprio. Questi dati riguardano il settore prima dell’emergenza Coronavirus. Senza dubbio, quando il settore della ristorazione ripartirà, troverà nel food delivery una sponda fondamentale per il rilancio. I ristoratori hanno ben compreso che è una strada imprescindibile, ma i problemi sono altri. La maggior parte delle aziende uscirà da questa crisi con pochissime risorse economiche e c’è il serio rischio che i pochi investimenti possibili saranno quelli finalizzati alla digitalizzazione per azioni di marketing destrutturato, per acquisire il “cliente ad ogni costo”. Il food delivery oggi deve essere impostato con altre logiche e approcci perché, come dicevo prima, anche il cliente è cambiato. La maggior parte dei ristoratori, per quanto ho potuto apprendere, pare intenzionata ad affrontare il food delivery con una propria struttura. 

 

Quali sono le criticità e i rischi in termini di sicurezza sanitaria per il consumatore?

Il primo aspetto critico è rappresentato dalla capacità di rendere informazioni facilmente fruibili ai sensi del Reg. CE 1169/2011. Più precisamente, configurandosi il food delivery come un’attività di vendita a distanza, le informazioni sugli allergeni devono essere fornite prima o contestualmente all’atto dell’acquisto. Altri aspetti, sempre di natura igienico sanitaria, devono in qualche modo essere esplicitati in modo chiaro e trasparente, o quantomeno debitamente gestiti. Partendo dal presupposto che i piatti a base di sushi rappresentano il primo prodotto richiesto nelle attività di food delivery, mi limito anche in questo caso a porre l’accento sulle modalità attraverso cui sono fornite le informazioni riguardo alle attività di bonifica sanitaria o al tempo per cui è possibile conservare il prodotto se non se ne completa immediatamente il consumo. Insomma il tema è quello di formalizzare e preparare informazioni che orientino il cliente verso un consumo sicuro e su questo fronte credo che il mondo del food delivery abbia sensibili margini di miglioramento. Altre criticità riguardano la gestione delle temperature e l’ambito della prevenzione da atti di manomissione intenzionale di varia natura tra cui il furtivo assaggio di un soggetto terzo oppure l’atto lesivo e fraudolento congegnato in modo deliberato.

 

Questa crisi ci ha reso tutti più sensibili ai concetti di igiene. Quali considerazioni in termini di risk Assessment deve fare l'operatore alimentare? 

A parte l’azzardo di concentrare le poche risorse finanziarie su investimenti di digital marketing, i ristoratori devono anche superare vecchi retaggi, sulla base dei quali ritengono che il vero processo, e i relativi rischi, siano la sola preparazione del prodotto in cucina, trascurando e minimizzando i rischi associati all’attività di delivery. Dovrebbero invece rendersi conto fin da subito che il cliente è cambiato, ognuno di noi è cambiato, e quello che ieri era consentito e trascurato, domani, anzi già oggi, non lo sarà più. La prima grande sfida che ha di fronte chi vuol costruire un food delivery vincente è quella di definire misure di igiene e di sicurezza alimentare in modo che siano figlie di un processo di risk assessment reale, efficace e convincente. Il vero motto dovrebbe essere “igiene vuol dire fiducia”. È questo il punto di chiusura di tutto il cerchio rispetto al discorso che abbiamo fatto: chi comprenderà la vera dimensione del cambiamento sociale che stiamo vivendo, rispetto ai temi dell’igiene, potrà tornare a guardare al futuro con maggiore fiducia.

 Francesca De Vecchi

Tecnologa alimentare OTALL

e divulgatrice scientifica

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