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Il rapporto della FAO 2023 “The Status of Women in agrifood system” attesta che negli ultimi anni è la donna ad assumersi progressivamente il compito di prendersi cura del pianeta Terra e della terra come risorsa suolo. Analizzando la condizione femminile in tutta la filiera, il settore agroalimentare rappresenta a livello mondiale una tra le principali fonti di impiego (36%), con una percentuale molto ravvicinata a quella degli uomini (38%).
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Il Tecnologo Alimentare (TA) regolarmente iscritto all'Ordine riveste ufficialmente il ruolo di professionista abilitato ad esprimere competenze e pareri di tipo tecnico, legislativo e gestionale nel settore agro-alimentare.
Il TA è esperto della qualità, della sicurezza e della sostenibilità del sistema agro-alimentare.
La figura del TA si inserisce nelle diverse filiere produttive per assumere, tra l'altro, la responsabilità nella conduzione e nel controllo dei processi di trasformazione, nella progettazione di nuovi alimenti nonché nell'analisi degli aspetti economici, socioculturali e ambientali delle filiere stesse, al fine di gestire la complessità dei sistemi agro-alimentari.
Il Tecnologo Alimentare occupa tipicamente ruoli direttivi e operativi nelle imprese produttive e commerciali, progetta laboratori di produzione, verifica impianti di depurazione e recupero dei sottoprodotti, gestisce laboratori di analisi e di ricerca-sviluppo, dirige aziende che producono ingredienti, materiali, impianti e attrezzature, prodotti chimici per il settore alimentare, esercita attività di consulenza per Enti Pubblici e Imprese.
Il Tecnologo Alimentare è figura autorevole come auditor dei sistemi di gestione qualità-igiene-sicurezza-ambiente, come docente e ricercatore, come esperto dei servizi di ristorazione commerciale e collettiva, come specialista della vigilanza sull’igiene degli alimenti e come perito tecnico nei Tribunali.
Tra le competenze specialistiche oggetto dell'attività del TA troviamo:
- lo studio, la progettazione e la valorizzazione dei processi di produzione degli alimenti, dalla produzione primaria, alla GDO, alla ristorazione collettiva e commerciale, al recupero dei sottoprodotti, alla depurazione degli effluenti;
- le operazioni di marketing, distribuzione ed approvvigionamento delle materie prime e dei prodotti finiti alimentari, degli additivi e degli impianti;
- le analisi dei prodotti alimentari;
- le ricerche di mercato e le relative attività;
- lo studio della pianificazione alimentare per la valutazione delle risorse esistenti la loro utilizzazione anche in relazione alle esigenze alimentari e nutrizionali
© Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari
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Il titolo professionale di Tecnologo Alimentare nel pronunciarlo non crea molto appeal: ammettiamo che la parola “tecnologo” dal punto di vista sonoro induce una certa rigidità. La tecnologia nell’immaginario collettivo desta a volte una sensazione negativa anziché positiva. Ciò nonostante oggi il titolo è impiegato e a volte persino abusato.
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Il panorama normativo europeo in materia di sicurezza alimentare si aggiorna con un’importante modifica: il nuovo Regolamento (UE) 2024/2895 della Commissione. Un passo significativo verso un controllo più rigoroso di un microrganismo patogeno particolarmente problematico per il settore alimentare.
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Le tendenze emergenti delineano un panorama ricco di opportunità per produttori, distributori e consumatori. Ma quale sarà l’impatto di queste tendenze su produzione e igiene degli alimenti?
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Cari colleghi Tecnologi Alimentari, siamo sinceri: quanti di noi hanno già chiesto a ChatGPT di scrivere una procedura HACCP? (silenzio imbarazzato in platea!). Secondo un recente studio di McKinsey, il 63% dei professionisti del settore alimentare ha già sperimentato strumenti di AI nel proprio lavoro quotidiano ed il restante 37% probabilmente sta mentendo.
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“L’industria guarda alla professione del Tecnologo Alimentare con grande stima e anche grande interesse in quanto figura fondamentale nello sviluppo dei prodotti e dell’innovazione”: ha esordito con queste parole Paolo Mascarino, Presidente di Federalimentare, al convegno digitale AlimentiPiù.
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I cream cheese sono raccontati come l’evoluzione dei formaggi a fermentazione lattica con poco caglio, ad es. il classico Neufchatel francese, resi ancor più spalmabili grazie all’addizione di panna. Il cream cheese più diffuso nel mondo occidentale è probabilmente il Philadelphia Cream Cheese, prodotto storicamente a Lowville (New York), luogo ove ancora oggi si svolge il Cream Cheese Festival.
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Il concetto di qualità degli alimenti introdotto a metà degli anni Settanta – in teoria – riconosceva ai produttori le incentivazioni per migliorare la qualità dei prodotti agroalimentari. In pratica qualcosa è stato fatto nel comparto lattiero-caseario tramite l’introduzione di parametri fisico-chimici e igienico-sanitari.
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Nel 1860 – all’Unità d’Italia – i caseifici erano più di un milione! I produttori di latte producevano il proprio formaggio e il burro, come e dove potevano: nelle capanne, a fianco delle stalle, spesso nelle cucine di famiglia. Le produzioni erano consumate in proprio e il commercio, quando possibile, avveniva principalmente in sede locale.
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Negli ultimi anni, il settore alimentare ha assistito a un crescente interesse per le tecnologie innovative volte a migliorare la sicurezza e la qualità degli alimenti, riducendo al contempo l’impatto ambientale e i costi energetici. Tra queste, l’uso del plasma freddo, noto anche come plasma non termico (NTP), per la decontaminazione microbica rappresenta una delle soluzioni più promettenti.