Il settore primario dell’agricoltura vive con urgenza anche maggiore di altri la necessità di evolvere e trasformarsi grazie all’adozione di tecnologie digitali e non. Le tradizionali pratiche agricole non sono infatti più sostenibili a fronte di macrotrend come l’aumento demografico, con una popolazione mondiale che arriverà a contare 10 miliardi di persone entro il 2050, e il cambiamento climatico che porta al contestuale deterioramento del suolo e delle risorse naturali.
La sostenibilità, nella doppia accezione sociale e ambientale, è quindi un primo fondamentale driver che impone oggi alle imprese agricole di ogni dimensione l’obbligo di innovare. L’innovazione tecnologica serve infatti a migliorare l’efficienza dei processi, che devono essere controllati e ottimizzati per produrre di più e meglio, facendo un uso più limitato delle risorse e incrementando la competitività dei prodotti. Questo anche al fine di combattere gli sprechi e garantire qualità e sicurezza alimentare, soddisfacendo le richieste dei consumatori. Non da ultimo, cresce l’importanza della raccolta, dell’analisi e della condivisione dei dati, ancora poco sviluppata nel comparto ma essenziale per far crescere i benefici legati alla conoscenza e trasparenza dei processi interni, verso i fornitori e lungo tutta la supply chain, fino ad arrivare al pubblico.
Agroalimentare in crescita continua
Il comparto agroalimentare italiano vale 538 miliardi di euro secondo i dati presentati da Coldiretti a settembre 2020, rappresentando il 25% del PIL nazionale e occupando 3,8 milioni di persone. In controtendenza rispetto ad altri settori del Made in Italy, l’agroalimentare è l’unico a non aver risentito della pandemia da Covid-19, segnando peraltro una crescita dell’export, arrivato a 44,6 miliardi di euro nel 2019, con un +3% nei primi sette mesi del 2020. I dati dell’ultimo “Osservatorio Smart Agrifood” della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise (Research&Innovation for smart enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, presentati a marzo 2021, stimano che il giro d’affari dell’innovazione tecnologica nel settore agricolo in Italia sia stato di 540 milioni di euro nel 2020, in crescita del 20% sul 2019. Nel mondo il fatturato delle tecnologie per l’agricoltura ha raggiunto i 13,7 miliardi di dollari, +79% sull’anno precedente. È quindi attesa una forte accelerazione per le soluzioni di agricoltura 4.0 soprattutto in Italia, dove le superfici coltivate con l’ausilio di tecnologie e strumenti innovativi sono solo il 3-4% del totale, offrendo ancora enormi margini di crescita. L’impiego delle tecnologie in campo agricolo dà vita a diverse pratiche di farming innovative, che possono essere riferite a tre grandi categorie: precision farming, smart farming e vertical farming.
Agricoltura intelligente
Il precision farming si concentra sulla gestione della produzione agricola vera e propria, facendo uso delle tecnologie digitali per monitorare, misurare e analizzare le esigenze di campi e colture. Tra sensori per la raccolta dati relativi allo stato di crescita delle piante e al bisogno idrico del suolo, dispositivo IoT, trattori connessi a guida assistita o autonoma, droni e mappature satellitari, l’obiettivo è dosare con precisione l’uso delle risorse, acqua, fertilizzanti e fitofarmaci, in base alle condizioni del suolo e climatiche per ridurre costi e impatto ambientale. Rientrano qui anche le attrezzature a rateo variabile (VRT - Variable Rate Technology) che, grazie all’ingresso della meccatronica in campo, consentono di adattare e modulare l’intensità degli interventi sulla variabilità delle zone, comandando gli attuatori della macchina operatrice secondo i dati rilevati tramite sensori e mappe.
Lo smart farming utilizza invece i dati provenienti dai sistemi di monitoraggio per ottimizzare i processi agricoli. Il focus è quello di utilizzare le informazioni a supporto della presa di decisioni, creando valore dai dati e compiendo un passo in più rispetto al sapere se il campo è bene irrigato e se la pianta è in salute. Servono a questo livello le piattaforme di gestione dati con AI e machine learning, per suggerire soluzioni più complesse e fare previsioni, intervenendo in anticipo o riducendo, per esempio, la presenza e l’attacco di parassiti.
Infine, il vertical farming realizza forme di autoproduzione di cibo ovviando alla mancanza di terreno fertile disponibile e sposando il concetto di agricoltura urbana a km zero. Comporta la creazione di una sorta di serra in ambiente chiuso e controllato, anche recuperando strutture industriali in disuso, e tutto il processo è meccanizzato. Il vertical farming impiega la coltivazione idroponica, ossia fuori suolo, piantando i semi in un substrato inerte e irrigando con una soluzione nutritiva di acqua e composti inorganici, riducendo così il consumo di acqua anche del 90%. L’illuminazione può essere fornita da lampade a LED, impiegando fonti rinnovabili, mentre aria e acqua sono filtrate e sterilizzate, eliminando le contaminazioni da inquinamento e la presenza di microrganismi patogeni, senza quindi l’utilizzo di pesticidi. Il prodotto è così totalmente bio e controllato dal punto di vista qualitativo e igienico-sanitario.
Uno sviluppo sostenibile
La sostenibilità è un driver fondamentale dell’innovazione tecnologica del settore agricolo, che deve adottare nuove metodologie e strategie per un uso sempre più intelligente e calibrato delle risorse. Si valorizzano dunque scarti e sottoprodotti, impegnandosi nella produzione di energia rinnovabile e ricorrendo a fertilizzanti organici.
Le aziende agricole devono anche confrontarsi con gli obiettivi in termini di sviluppo sostenibile imposti dalle normative a diversi livelli. Tra gli obiettivi dell’Agenda 2030, compaiono al secondo posto il raggiungimento della sicurezza alimentare, il miglioramento della qualità dell’alimentazione e la promozione dell’agricoltura sostenibile. Gli obiettivi da raggiungere includono anche la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici, il cui impiego contribuisce a inquinare suolo, acque e aria. Altra finalità è la riduzione del 50% nell’eccesso e perdita di nutrienti e una diminuzione del 20% nell’uso dei fertilizzanti. Ancora, la riduzione del 50% nelle vendite di sostanze antimicrobiche e il raggiungimento di una quota del 25% dei terreni agricoli dedicata all’agricoltura biologica. Un altro focus è infine migliorare l’informazione ai consumatori, per cui la Commissione proporrà un’etichettatura nutrizionale armonizzata obbligatoria da apporre sulle confezioni, oltre alla lotta agli sprechi alimentari con obiettivi giuridicamente vincolanti.