Nonostante la spinta della pandemia, gli importanti piani di investimento messi in campo e i risultati nelle piattaforme abilitanti (es.SPID, ANPR, PagoPA o l’App IO), l’Italia si conferma agli ultimi posti in Europa per livello di digitalizzazione. Secondo i risultati dei Digital Maturity Indexes, elaborati dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, nel 2021 il nostro Paese si colloca in 17° posizione tra i 27 Stati dell’UE per fattori abilitanti la trasformazione digitale e solo in 23esimo per effettivo livello di digitalizzazione, con un gap rispetto alla media europea in particolare nel capitale umano.

 

Ma il nostro Paese oggi ha una grande opportunità, quella del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che complessivamente dedica a iniziative di digitalizzazione oltre 65 miliardi di euro nelle sue 6 missioni (ben di più dei 40 miliardi di euro della sola missione 1, specificamente dedicata alla transizione digitale). Il ruolo chiave nell’attuazione sarà della Pubblica Amministrazione, a cui è destinato almeno il 60% delle risorse tra PA centrali, locali o imprese pubbliche. Gli investimenti del PNRR destinati specificatamente alla trasformazione digitale della PA ammontano a 9,72 miliardi di euro, di cui 6,14 per la digitalizzazione della PA stessa, 1,27 miliardi per l’innovazione della macchina pubblica, 2,31 miliardi per l’innovazione della giustizia.

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata in occasione del convegno “Il digitale per la ripresa e la resilienza: connecting the dots”. “Per concretizzare tutto il potenziale di trasformazione digitale associato al PNRR è necessario ‘unire i puntini’, raccordando visioni, risorse e sforzi che, se non ben allineati, rischiano di far perdere tempo ed energie” spiega Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale. “Bisogna raccordare infatti il PNRR con gli altri piani strategici, le risorse previste con le altre disponibili per la trasformazione digitale, il centro con i territori, le esigenze di breve con quelle di lungo periodo. Per cogliere a pieno le opportunità di digitalizzazione del Paese, inoltre, la PA deve configurarsi come piattaforma di innovazione capace di lavorare con le imprese, con capacità progettuali e di cooperazione strategica”.

L’ultima edizione del Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea, su dati 2020, colloca l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa sul fronte del digitale, al 20° posto su 27, una posizione in meno rispetto all’anno precedente. In particolare, è 25° per diffusione delle competenze digitali, 23° per connettività, decima per digitalizzazione delle imprese e 18° per digitalizzazione della PA.

Per un quadro più preciso della situazione a livello italiano, l’Osservatorio ha elaborato assieme alle regioni e ad altri stakeholder pubblici e privati un DESI per le Regioni e la Province Autonome, da cui emerge un forte divario territoriale, ma anche una distanza significativa con il resto d’Europa, anche per le aree più avanzate. Il primato nel ranking va alla Provincia Autonoma di Trento con un punteggio di 57,5 (rispetto alla media italiana, pari a 50), seguita da Lombardia, con 56,2 punti, e Provincia Autonoma di Bolzano, con 56,1. Vengono poi Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Liguria sopra la media italiana, e ancora Veneto, Valle D’Aosta, Umbria, Puglia, Sardegna, Campania, Marche, Abruzzo, Sicilia, Basilicata, Calabria, Molise, a chiudere la classifica. Sette delle nove regioni con un punteggio superiore alla media italiana sono del Nord e due del Centro. Sotto la media italiana, si collocano tutte le regioni del mezzogiorno e 3 del Centro-Nord.

Per superare alcuni limiti del DESI, l’Osservatorio ha continuato a produrre un framework di indicatori, i Digital Maturity Indexes (DMI), meno esposti al mancato aggiornamento di alcuni dati rispetto all’indice della Commissione. Purtroppo, anche questi indicatori ci confermano lontani dalla media europea: i DMI collocano l’Italia al 17esimo posto su 27 Paesi per fattori abilitanti la digitalizzazione (come ad esempio la copertura in banda larga dei territori) e al 23esimo posto per effettivi risultati ottenuti (come ad esempio l’effettivo utilizzo di banda larga da parte di cittadini e imprese).

“I risultati dei DMI evidenziano come il ritardo del nostro Paese sia soprattutto nella capacità dell’Italia di capitalizzare gli sforzi compiuti, mettendoli a fattor comune e rendendo effettiva la trasformazione digitale” dichiara Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale. “È il gap di competenze digitali dei cittadini, sia quelle di base che specialistiche, l’elemento principale che determina la distanza con il resto d’Europa: senza questo ritardo, l’Italia sarebbe alla pari di Francia, Spagna e della media europea rispetto ai fattori abilitanti”.

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