Un approfondimento sulla prevenzione ed eliminazione negli stabilimenti alimentari. Continua a essere l’infezione di origine alimentare che preoccupa di più, con tassi di decesso (insieme a Salmonella) fra i più alti segnalati negli ultimi 10 anni in Europa.

La Listeria monocytogenes è un assillo per i produttori di alimenti e una sfida continua per chi si occupa di processi di sanificazione. Adattabile, opportunista, capace di sopravvivere in alcune delle più comuni condizioni di conservazione e persistente nell’ambiente anche per anni e in condizioni avverse.

È il batterio responsabile della listeriosi, una patologia di origine alimentare che secondo i dati ufficiali è continuata a crescere in modo statisticamente significativo nell’Unione europea tra il 2009 e il 2018. Ancora nel 2022 la listeriosi è stata l’infezione di origine alimentare che ha preoccupato di più, con i tassi di decesso (insieme a Salmonella) fra i più alti segnalati negli ultimi 10 anni in Europa. L’Italia, nello stesso anno, ha riportato tre focolai epidemici particolarmente gravi in termini di ospedalizzazioni e decessi. Due di questi provenienti da carni di pollo e suino sono stati causati da Listeria monocytogenes e hanno provocato un totale di 140 casi e ospedalizzazioni e 6 decessi.

Quali sono i prodotti alimentari comunemente associati alla listeriosi e più spesso coinvolti in casi di contaminazione? Per le sue caratteristiche, L. monocytogenes rappresenta un pericolo per i prodotti pronti al consumo (ready-to-eat, RTE) e i prodotti con una lunga vita commerciale (shelf-life) mantenuti a temperature di refrigerazione, perché può crescere nell’alimento contaminato fino a raggiungere concentrazioni tali da causare un’infezione nell’uomo.

Gli alimenti principalmente associati alla listeriosi sono quindi in linea generale quelli ricchi di proteine, con una moderata attività dell’acqua e una bassa microflora di fondo. Quindi, pesce affumicato (es. salmone), prodotti a base di carne (paté di carne, hot dog, carni fredde tipiche delle gastronomie), formaggi a pasta molle, formaggi erborinati, formaggi poco stagionati; vegetali preconfezionati e latte non pastorizzato. I dati indicano che la presenza di L. monocytogenes nei prodotti alimentari varia con un range che va dallo 0,09% per i “formaggi a pasta dura a base di latte pastorizzato” al 3% per la carne bovina RTE. La contaminazione è preoccupante proprio per tutti quei prodotti che non subiscono ulteriori trasformazioni o trattamenti termici di bonifica prima di essere consumati.

Un metodo per la completa eradicazione?

Come quindi affrontare il problema della contaminazione da L. monocytogenes? Nell’Unione europea, la garanzia di conformità degli alimenti rispetto ai livelli massimi possibili di contaminazione da L. monocytogenes è un obbligo che spetta all’operatore del settore alimentare (OSA) attraverso l’igiene del processo di produzione e di distribuzione degli alimenti basati sulle buone pratiche di lavorazione e l’applicazione dell’HACCP. Negli anni si è arricchito il panorama normativo relativo ai limiti e ai controlli: il Regolamento CE 2073/2005 e s.m.i prevede per L. monocytogenes, criteri di sicurezza applicabili agli RTE, sia in fase di produzione che di commercializzazione e il 2021/1373 che ha aggiornato la lista degli alimenti a rischio per la Listeria monocytogenes, includendovi i prodotti a base di latte crudo, di carne cruda, di pesce crudo e di verdure crude; ma sono state via via emesse anche linee guida nazionali (Ministero della Salute) ed europee (EFSA) per orientare l’operato di chi ha la responsabilità di garantire e controllare la sicurezza alimentare perché L. monocytogenes è a tutti gli effetti un contaminante di filiera. Si comprende quindi come un’adeguata gestione dei processi e degli ambienti produttivi (temperature, igiene, buone pratiche di fabbricazione), la corretta manipolazione degli alimenti e la necessità di applicare piani di prevenzione specifici e monitorati rappresentino i cardini di una strategia a tutela della salute. Secondo i dati raccolti, infatti, si ritiene che la presenza di L. monocytogenes negli alimenti si verifichi per contaminazione ambientale in post-lavorazione più che in seguito a sopravvivenza durante i trattamenti termici (Gurtler & Kornacki, 2007). Non solo: la persistenza di L. monocytogenes può estendersi per anni, poiché è un batterio che può rimanere – vitale – sulle superfici degli impianti quando persistono particolari condizioni (ad esempio residui organici, biofilm) che lo proteggono dalle operazioni di pulizia e ne favoriscono lo sviluppo. La gestione del rischio di contaminazione di alimenti da parte di questo batterio deve sempre far parte dei piani di autocontrollo con un’analisi e procedure di sanificazione mirate, che tengano conto delle caratteristiche di sopravvivenza del batterio, delle tipologie di produzione, di ambiente, attrezzature e impianti.

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Il metodo “Seek and Destroy Process”

I punti di proliferazione, per Listeria (come per altri patogeni), sono una sorta di rifugio e comunemente vengono denominati nicchie. Il concetto di nicchia protettiva quale luogo riparato è alla base di un metodo operativo conosciuto come “Seek and Destroy Process” (S&D) utile per identificare e gestire queste zone di crescita in attrezzature o strutture, eradicarle e creare le condizioni perché non si formino (o riformino), garantendo un’efficace protezione dalla crescita di Listeria negli ambienti di produzione. Il metodo, sviluppato inizialmente negli Stati Uniti, focalizza l’attenzione non solo agli ambienti di produzione alimentare, ma anche ai processi di sanificazione, alla loro adeguatezza per la prevenzione del pericolo di formazione di aree di sviluppo del patogeno. Nelle nicchie, che sono spesso siti difficili da raggiungere e pulire con le normali procedure igienico-sanitarie, Listeria trova le condizioni adeguate di crescita per colonizzare anche formando biofilm, resistenti alla disinfezione, sulle superfici di attrezzature e impianti di produzione alimentare.

“Il metodo Seek&Destroy Process è un approccio innovativo per la gestione del pericolo Listeria”, spiega Giuseppe De Lucia, tecnologo alimentare e consulente in sanificazione intervenuto al convegno digitale AlimentiPiù. “La nicchia è il luogo che favorisce una crescita microbica ed è protetto dal contatto con gli agenti di sanificazione. È infatti caratterizzato dall’avere una elevata conta microbica ancora dopo pulizia e disinfezione”.

La presenza di nicchie e residui organici, interferendo con l’attività di detersione e poi di sanificazione, protegge Listeria; trovarle a fine processo indica il fatto che la procedura di sanificazione eseguita non è stata efficace. I fattori predominanti che influenzano la formazione di nicchie, infatti, rimandano a errori operativi:

  • scorretta applicazione o sbagliata esecuzione delle procedure di sanificazione;
  • procedure non correttamente studiate (perché per esempio non tengono conto del disegno igienico dell’impianto, complesso o non corretto);
  • frequenza di applicazione della procedura non corretta;
  • movimentazione del personale e di attrezzature (per esempio carrelli che da zone sporche vengono portati in zone “pulite” senza aver sanificato le ruote. Per via aerea la Listeria può raggiungere le superfici a diretto contatto con gli alimenti).

S&D è una tecnica investigativa che include un approccio aggressivo e sistematico per identificare i siti di rifugio e localizzare le nicchie in cui i microbi (non solo Listeria monocytogenes ma anche altre specie di Listeria spp) sopravvivono (o persistono) nonostante le misure di pulizia e disinfezione messe in atto nell’ambito dell’applicazione dei piani di autocontrollo.

“Si tratta di un approccio innovativo che sovverte metodiche più comunemente impiegate che però non garantiscono sempre gli obiettivi di sicurezza alimentare”, commenta De Lucia. “Di solito si cerca il patogeno sulle superfici, nell’ambiente di produzione e nel prodotto”. E in caso di assenza, si valuta il protocollo come conforme. L’approccio S&D, invece, si basa su uno studio preliminare approfondito per evidenziare tutte le potenziali nicchie e quindi rimuoverle. Non solo eliminarle, ma soprattutto capire perché si sono formate e quindi attuare azioni correttive contro le cause che le hanno generate per evitare che si ripresentino. È un lavoro finalizzato a creare un sistema efficace di prevenzione perché si rimuovono tutte le condizioni che facilitano la formazione di luoghi di potenziale annidamento e proliferazione batterica.

Quando si può applicare un piano S&D? Tendenzialmente un simile processo viene applicato quando le aziende di trasformazione alimentare sono chiamate a:

- rispondere a un test positivo per Listeria monocytogenes o i suoi organismi indicatori (Listeria spp o organismi simili a Listeria),

- qualificare un'apparecchiatura o un processo (ad esempio, come parte di una valutazione di una nuova apparecchiatura e quindi non necessariamente in presenza di una nicchia).

  • eseguire la convalida di un processo: normalmente è un processo di verifica che dura circa 90 giorni (con un campionamento al mese).

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Semplificando, prosegue De Lucia, le tipologie di applicazione di questo metodo sono principalmente due, a seconda che si voglia verificare se un sistema è protetto (“Non per causa") o quando è conclamata la presenza del patogeno (“Per causa”).

Nell’ipotesi “Non per causa" si vuole verificare la presenza di nicchie di crescita dei patogeni sulle attrezzature. Il procedimento prevede una serie di controlli via via più approfonditi: parte dal verificare la procedura di sanificazione quotidiana (prodotti utilizzati, concentrazione, modalità di impiego); prosegue con un’ispezione mediante test analitici rapidi per vedere se vi sono nicchie (residui proteici, test bioluminometrici, video-ispezioni). Prevede quindi lo smontaggio dell’attrezzatura come da procedura ordinaria per verificare la presenza di siti rifugio e poi, allo stesso scopo, avanza con lo smontare completamente la macchina (operazione che è solitamente prevista, ma a intervalli di tempo maggiori). La presenza o l’assenza di nicchie in punti non raggiunti dalle operazioni di pulizia quotidiane dà la misura della correttezza della procedura di sanificazione ordinaria e quindi della necessità di applicare azioni correttive (compresa l’elaborazione di una nuova procedura di sanificazione).

Nel caso di applicazione «Per causa» invece si valutano le modalità di contaminazione in caso di positività: il fine della ricerca in questo caso non è solo identificare le nicchie ma soprattutto trovare le modalità di trasferimento del patogeno all’origine della contaminazione – dai siti di origine al punto in cui è stato ritrovato. L'indagine deve essere sviluppata conducendo più analisi con tecnica S&D oppure identificando i punti di trasferimento che potrebbero aver portato il microrganismo nel luogo dove si è rilevato il campione positivo.

Il punto cardine di questo sistema è quindi l’individuazione e la prevenzione delle nicchie. Questo comporta l’attuazione di azioni correttive e poi il rinforzo del protocollo di sanificazione per evitare che le nicchie si formino nuovamente. Date le caratteristiche di resistenza del microrganismo è importante valutare la persistenza, tracciare la contaminazione e caratterizzare il ceppo del microrganismo (eventualmente con opportune tecniche di sequenziamento del genoma tipo Whole Genomic Sequencing), adeguando quindi il piano di campionamento e integrando con le valutazioni di persistenza dei ceppi di Listeria monocytogenes. Significa eventualmente prevedere interventi di manutenzione, di ripristino di un disegno igienico di parte degli impianti di produzione, di movimentazione secondo principi di igiene di attrezzature e personale per generare un protocollo sicuro di prevenzione della contaminazione.

La listeriosi in numeri

Listeriosi, l’infezione generata dal batterio Listeria monocytogenes, generalmente è dovuta all’ingestione di cibo contaminato. Nei Paesi occidentali è un problema di sanità pubblica poiché, anche se si presenta meno frequentemente di salmonellosi e campylobacteriosi, può dar luogo a malattia grave, soprattutto in soggetti fragili quali anziani, donne in gravidanza, neonati e adulti immuno-compromessi, portando al ricovero ospedaliero con tassi di mortalità elevati Listeria monocytogenes è un batterio patogeno Gram-positivo, non sporigeno e mobile. È ampiamente diffuso nell’ambiente, nel suolo, nell’acqua e nella vegetazione. Cresce e si riproduce a temperature molto variabili (da temperature di refrigerazione sino a 45°C), tollera ambienti salati e pH acidi. È quindi molto resistente in particolare alle condizioni che caratterizzano la produzione e la lavorazione degli alimenti.

Francesca De Vecchi, tecnologa alimentare

Bibliografia

E. Evans et al. Exploring Listeria monocytogenes perceptions in small and medium sized food manufacturers: Technical leaders’ perceptions of risk, control and responsibility. Food Control 2021.

G. De Lucia. Nuovo metodo “Seek and Destroy” per la prevenzione ed eliminazione di Listeria monocytogenes e ruolo della sanificazione. Case History in un'industria alimentare. Alimenti più, 28 settembre 2023.

Malley TJ et al. Seek and destroy process: Listeria monocytogenes process controls in the ready-to-eat meat and poultry industry. J Food Prot. 2015

 

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