Il comparto lattiero caseario nazionale, nel suo complesso, ha dimostrato durante l’emergenza sanitaria di essere dotato di resilienza e dinamicità, reggendo l’impatto della pandemia e assicurando ai consumatori prodotti sani, sicuri e nutrienti. La produzione del lattiero caseario, primo settore alimentare italiano, nel 2020 ha registrato solo un lieve calo del fatturato settoriale (-0,7%) mentre il preconsuntivo 2021 denota una buona crescita (stimata intorno al 4,3% rispetto al 2020), con valori che dovrebbero attestarsi sui 15,9 Miliardi di euro. 

Le performance della produzione settoriale nel 2021 sono da attribuirsi in particolare alla forte ripresa delle vendite sui mercati esteri e in misura moderata allo sviluppo del mercato.

L’export rappresenta un canale di sbocco di crescente importanza per le aziende del settore, compensando gli scarsi spazi di manovra di un mercato interno poco dinamico. Infatti, è in atto un continuo sviluppo della rete commerciale estera per diverse aziende del settore.

A livello internazionale esistono eccellenti potenzialità di crescita per molti prodotti (soprattutto per i formaggi DOP) della tradizione italiana (es. Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana etc.), come testimoniato dall’andamento delle esportazioni negli ultimi anni, trainati dall’immagine positiva del cibo italiano.

Vi sono inoltre prodotti non DOP (mascarpone, ricotta, crescenza) che sono unici nel panorama produttivo mondiale e che hanno buone potenzialità di sviluppo sui mercati esteri nel medio e lungo termine.

Gli scambi commerciali 

L’analisi degli scambi commerciali mondiali del comparto lattiero-caseario mostra un significativo dinamismo. Il Paese leader del settore è la Nuova Zelanda, le cui esportazioni hanno superato gli 8 miliardi di euro nel 2020. Seguono, fra i maggiori esportatori, diversi paesi appartenenti all’Unione Europea, a cui si aggiungono, gli Stati Uniti. Tra i principali protagonisti del comparto lattiero-caseario un ruolo di rilievo è ricoperto anche dall’Italia, 6° Paese nella classifica dei maggiori esportatori.

Il saldo commerciale nazionale, in tendenziale miglioramento negli ultimi anni, è diventato positivo nel corso del 2019. Nel 2021 cresce sensibilmente a favore dell’Italia attestandosi sui 900 Mn di euro. Nel commercio con l’estero è necessario considerare separatamente:

  • Formaggi: il saldo commerciale è in netto miglioramento grazie alla buona qualità dei prodotti italiani. Le esportazioni sono trainate dai prodotti “tipici” della gastronomia italiana, come i formaggi Grana Padano e Parmigiano Reggiano e mozzarelle. Tendenzialmente l’Italia importa prodotti di fascia medio-bassa ed esporta prodotti di fascia alta. 
  • Burro: quasi tutte le aziende produttrici di burro, in particolare quelle che impiegano panna di affioramento nel processo produttivo, utilizzano burro in pani di importazione (da centrifuga) per migliorare la qualità del prodotto. Si stima che il burro estero destinato a questo impiego sia circa il 40% del totale burro importato. 
  • Latte confezionato: la presenza degli importatori è particolarmente rilevante nel latte confezionato a lunga conservazione; bassa invece la quota delle importazioni di latte fresco. Poco significative le esportazioni di latte confezionato (fresco e uht) che incidono per meno del 2% sulla produzione a valore.
  • Panna: non significativi gli scambi commerciali per il prodotto fresco, mentre le importazioni a volume della panna uht sui consumi pesano per oltre il 12% a valore. In forte crescita le esportazioni di panna uht che nel biennio 2020-2021 raggiungono il 19% a valore della produzione.
  • Yogurt e dessert: l’incidenza delle importazioni è elevatissima: il 45% circa dei prodotti consumati in Italia (a volume) sono di produzione estera (poco più a valore). Le esportazioni incidono sulla produzione per il 10% circa a volume. Rilevanti le importazioni intercompany.

Sono rilevanti le importazioni di latte (in diverse forme) dato che la produzione interna di latte vaccino è insufficiente a coprire l’intero fabbisogno nazionale. Bisogna però segnalare che il trend di crescita della produzione negli ultimi anni, e quello atteso nel medio e lungo periodo, avvicinerà l’Italia all’autosufficienza. 

I numeri dell’export 

Nel 2021 si stima una crescita dell’export a valore che sfiora il 13% rispetto al 2020, toccando i 3,9 miliardi di euro. Il peso maggiore è rappresentato da formaggi e latticini che sfiorano il 90% sul totale. Seguono il siero del latte (5,9%), latte e panna (2,3%) e burro (1,8%). Poco significativo il peso degli altri prodotti.

Ad apprezzare particolarmente i prodotti Made in Italy troviamo Francia, Germania e Stati Uniti, che complessivamente concentrano quasi il 46% dell’export settoriale. Segue il Regno Unito che, nonostante la Brexit, registra un calo contenuto (-2,6%). 

Nell’export settoriale, un ruolo di primo piano spetta ai formaggi, il cui fiore all’occhiello sono le 54 produzioni casearie del nostro Paese che si possono fregiare della denominazione di origine (52 DOP e 2 IGP). 

Quasi tutte le categorie di formaggi sono in forte crescita nei primi 9 mesi del 2021. Fanno eccezione i formaggi fusi, che registrano un calo del 32,8%, e la categoria Asiago, Caciocavallo, Montasio, Ragusano che registrano un modesto +1,4%. Brillanti i risultati dei formaggi a pasta dura, del Fiore sardo, Pecorino, Provolone e formaggi freschi. 

Le due principali DOP nazionali, Grana Padano e Parmigiano Reggiano, da sole realizzano vendite all’estero per 846,4 milioni di euro nei primi 9 mesi del 2021, con un’incidenza sul totale export formaggi del 31,7%. 

Segue la mozzarella con vendite all’estero pari a 483,1 milioni di euro (gennaio-settembre 2021) e un peso del 18,1% sul totale.

I primi Paesi per le esportazioni di formaggi a valore (Grafico 4) sono Francia (20,6%), Germania (16,3%), e USA (10,5%). In forte crescita le esportazioni verso Francia (+12,4%), USA (+42%), Belgio, Svezia e Polonia con incrementi che sfiorano il 20%, Cina (+58,2%), Corea del Sud (+39,4%) e Canada (+10%).

Stabili le vendite in Germania, in lieve calo Regno Unito e Austria. 

 

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