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Una diatriba sempreverde dell’universo lattiero-caseario italiano contrappone i sostenitori del “saper fare” a quelli del “vincolo territoriale”. I primi reputano prioritaria l’arte casearia acquisita nel tempo e secondaria la materia prima. I secondi vincolano le produzioni alla materia prima e quest’ultima al territorio predefinito.

Le tesi a favore diventano antitesi contrarie per entrambe le scuole di pensiero, che non si limitano ad argomentare su basi scientifiche o tecniche, toccando invece i tasti dell’etica e della morale. In questa sede non aggiungo ulteriori opinioni pro o contro una tesi o l’altra, limitandomi invece a formulare ipotesi.

La prima, in via teorica, potrebbe eludere tutto il sistema europeo delle Indicazioni Geografiche, portando a immaginare che tutti i tremila (grandi, medi e piccoli) caseifici italiani producano solo formaggi generici, anzi che tutta l’industria casearia dell’Unione Europea e, perché no, del Mondo producano formaggi generici: circa 20 milioni di tonnellate di formaggio generico denominato liberamente, senza limitazione alcuna. Bene, in questo caso quale potrebbe essere il prezzo mondiale del formaggio?
Ognuno risponda solo a se stesso…
Al contrario, proviamo a pensare, invece, a cosa accadrebbe se tutto il formaggio mondiale fosse denominato con il sistema delle Indicazioni Geografiche d’origine. Con denominazioni d’origine protette quali prezzi si potrebbero ipotizzare? Per favore, anche in questo caso, la risposta resti solo nei pensieri del lettore…

Ma allora, qual è la soluzione alla diatriba?

Amici lettori, la soluzione è sotto gli occhi di tutti, da tempo l’ha trovata il mercato che ben distingue valori e volumi, premiando la qualità vera e sostanziale. Il prezzo di mercato l’ha sempre fatto la domanda e l’offerta, dove la qualità sensoriale dei prodotti svolge la funzione dell’ago della bilancia.

In conclusione, chi pensa di “saper fare” il formaggio buono con materia prima libera sul mercato è libero di produrlo, meglio ancora se di qualità. Chi invece pensa di valorizzare il latte prodotto con il sistema delle Indicazioni Geografiche lo faccia con altrettanta determinazione producendo formaggi della miglior qualità possibile. Anche perché i formaggi “non eccellenti” non mancano, con marchi privati e con marchi collettivi!

Vincenzo Bozzetti

 

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