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Il problema riguarda la divisione tra amminoacidi “essenziali” e “non essenziali”. Un approfondimento legato al progetto PIGinnova aiuta a fare chiarezza sul tema.

Coordinato dall’Università degli Studi di Milano, in partenariato con l’Associazione Regionale Allevatori della Lombardia (ARAL), l’obiettivo di "PIGinnova - Strategie innovative nell’alimentazione e gestione del suino pesante per un allevamento più sostenibile” è appunto di migliorare la gestione dell’allevamento suinicolo attraverso la divulgazione. Si inserisce in questo contesto un approfondimento che punta a perfezionare e rendere fruibile un sistema di calcolo dei fabbisogni aminoacidici del suino pesante tipico italiano.
Quando si parla di alimentazione animale uno degli aspetti più importanti da valutare è la componente proteica e, più precisamente, il suo profilo amminoacidico.
Gli amminoacidi vengono da anni classificati come “essenziali”, da assumere necessariamente con la dieta in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli (o comunque non in quantità sufficiente), e “non essenziali”, sintetizzabili nelle cellule animali. Per il suino gli amminoacidi essenziali sono: lisina, metionina, treonina, triptofano, valina, leucina, isoleucina, fenilalanina, istidina; in alcuni stati metabolici cistina e tirosina e nelle prime fasi di vita può esserlo anche l’arginina.

Il problema

L’obiettivo della razione, in riferimento alla componente proteica, è di soddisfare in maniera precisa i fabbisogni amminoacidici. Per farlo spesso si ricorre al principio di “proteina ideale”, ovvero quella proteina alimentare che si avvicina maggiormente alla proteina tissutale sintetizzata dal suino stesso. Alimentare gli animali sulla base di questo concetto permetterebbe di evitare sia le carenze che gli eccessi amminoacidici.
Spinti anche dalle richieste dell’opinione pubblica sulla sostenibilità degli allevamenti, diversi studi si sono concentrati sull’utilizzo di razioni più efficienti con basso tenore proteico, adeguatamente integrate con amminoacidi di produzione industriale per assicurare un corretto apporto di amminoacidi essenziali, limitando il più possibile lo spreco di azoto. Spesso però la stessa attenzione non viene riservata agli amminoacidi non essenziali, proprio perché si suppone che l’animale sia in grado di sintetizzarli autonomamente. Non bisogna però dimenticare che rappresentano circa il 60% di tutta la massa amminoacidica di organi e tessuti e che anch’essi svolgono ruoli importanti in diversi ambiti. Formulare una dieta solo sulla base dei cosiddetti amminoacidi essenziali senza assicurarsi che venga garantita un’idonea quantità anche degli altri amminoacidi significa di fatto limitarne l’apporto.

Una possibile soluzione

Un recente studio (Wu & Li, 2022) ha proposto delle quote per tutti i 20 amminoacidi digeribili a livello ileale necessarie ai suini nelle diverse fasi di crescita e riproduttive. Le quantità riportate devono essere considerate come indicazioni generali poiché i fabbisogni amminoacidici cambiano in funzione di diversi fattori genetici e ambientali.
I dati riportati nello studio sono relativi solo ad animali fino ai 110 kg di peso vivo e questo perché si tratta di una ricerca americana che non considera la realtà del suino pesante (che arriva a circa 170 kg di peso) tipicamente italiana. Tra gli obiettivi del progetto PIGinnova c’è anche quello di perfezionare e rendere fruibile un sistema di calcolo per i fabbisogni proteici degli animali di peso superiore a questa soglia.
Sempre perseguendo l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale senza però dimenticare di fornire agli animali una quantità adeguata di tutti gli amminoacidi, uno studio di Gallo et al. (2014) ha definito valori minimi di proteina grezza (PG) e di lisina che non andrebbero oltrepassati nelle razioni per suini.

pig innova

 

Sull'argomento qui accennato è stata realizzata una scheda tecnica di approfondimento sul sito www.piginnova.it

 

 

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