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Dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile che compongono l’Agenda 2030 dell’ONU, una buona parte potrebbero essere raggiunti con, o grazie, ai microrganismi coinvolti nelle trasformazioni degli alimenti.

In particolare, gli obiettivi 2 Fame Zero, 3 Buona salute e benessere per le persone, 6 Acqua pulita e servizi igienico-sanitari, 7 Energia pulita e accessibile, 12 Consumo e produzione responsabile, 13 I cambiamenti del clima, 14 Vita nel mare e 15 Vita sulla terra sono certamente connessi alle produzioni alimentari, alla loro sostenibilità, a una riduzione degli sprechi e a un riutilizzo razionale di scarti e sottoprodotti delle trasformazioni alimentari. Attività che i microrganismi sanno fare benissimo e che stiamo imparando sempre di più a controllare per ottenere prodotti sani e sostenibili. È ormai nota la necessità di indirizzare le nostre scelte alimentari sulla base del loro effetto sulla salute nostra e del nostro pianeta. Per la FAO “Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future”. Quella mediterranea ne è l’esempio più calzante. La predilezione del consumo di verdura, frutta, cereali (preferibilmente integrali), fonti di proteine vegetali (legumi), frutta secca e olio di oliva è, infatti, alla base degli effetti protettivi della dieta mediterranea, oltre che di un ridotto impatto ambientale, in confronto a diete nord europee e nordamericane, più ricche di proteine e grassi animali. Tuttavia, per mantenere la biodiversità, ridurre le emissioni di gas serra e soddisfare i fabbisogni proteici di una popolazione in costante crescita non si potrà continuare a puntare solo sulla soia (la maggior fonte di proteine vegetali attualmente in uso), poiché richiede spazi e risorse (acqua) comunque esauribili. Inesauribili sembrano invece essere le tonnellate di alimenti sprecati e destinati allo smaltimento. E proprio da questo (ipsus, come l’acronimo del progetto europeo dell’Università di Parma, Innovative Protein for Food Sustainability, recentemente finanziato) scarto, potranno essere estratte proteine vegetali che anche grazie alle fermentazioni microbiche, saranno impiegate per formulare alimenti alternativi a quelli di origine animale.

Benedetta Bottari

Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma

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