In occasione dell’80° anniversario di Assalzoo, l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici, è stato presentato uno studio realizzato da Nomisma che fotografa l’evoluzione e le prospettive del settore mangimistico in Italia. Le aziende si sono ridotte di numero ma sono cresciute in dimensione, efficienza e tecnologia.

Dal 1950 al 2023, la produzione italiana di mangimi è passata da 0,3 a 15,4 milioni di tonnellate. Nel frattempo, il settore si è ristrutturato in un percorso a tre tappe – crescita, professionalizzazione e nuovi obiettivi di efficienza, servizio e sostenibilità – concentrando la produzione in impianti più grandi e più efficienti. Gli stabilimenti sono diminuiti da 1.359 a 417, con un incremento della produzione media per impianto da 2,7 a 36,8 mila tonnellate.

L’analisi di Nomisma evidenzia come la maggiore e sempre più specialistica offerta di mangimi ha sostenuto la crescita dei diversi settori zootecnici, caratterizzata dalla forte espansione dei consumi dei prodotti derivati (carni, latte e formaggi, uova) fino agli anni ’90 e da una successiva riconfigurazione della domanda, che è rimasta stazionaria o è calata all’interno dei confini nazionali, ma è si è rafforzata sui mercati esteri.

Gli allevamenti in Italia e le prospettive

L’allevamento italiano – prosegue a ricordare lo studio - è passato da un modello rurale e familiare a sistemi altamente specializzati e professionali. Le aziende si sono ridotte di numero ma sono cresciute in dimensione, efficienza e tecnologia, grazie al contributo determinante della selezione genetica e dell’alimentazione. Attualmente, in Italia ci sono 2,28 milioni di bovini da carne distribuiti in oltre 80.000 allevamenti, 2,61 milioni di bovini da latte in circa 23.000 allevamenti, 7,86 milioni di suini in quasi 24.000 allevamenti e 152,7 milioni di capi avicoli in 6.700 allevamenti.

Nonostante il progressivo sviluppo, l’Italia è ancora oggi strutturalmente deficitaria nelle carni bovine (grado di autosufficienza 40%) e nelle carni suine (60%), mentre mostra segnali positivi per i prodotti lattiero-caseari (82%) ed è largamente autosufficiente per le carni avicole e le uova.

Allevamento bovini shutterstock 2029227728

Infine, l’analisi segnala cosa aspetta il settore nel prossimo futuro: la produzione mangimistica sarà sempre più orientata alla competitività e alla sostenibilità delle filiere zootecniche, integrando l’offerta di mangimi con servizi innovativi. Si prevede un aumento dell’uso di tecnologie come il precision feeding, l’automazione della distribuzione e l’impiego di sottoprodotti e materie prime alternative, in coerenza con l’approccio circolare che caratterizza il settore.

Ersilia Di Tullio, Responsabile Strategic Advisory ISMEA, ha evidenziato come, dal dopoguerra ad oggi, l’industria mangimistica italiana abbia dimostrato una capacità notevole di crescita, rispondendo alle nuove esigenze dell’allevamento e sostenendone una profonda evoluzione. Recentemente, grazie all’integrazione della ricerca e della tecnologia avanzata e con una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità ed al benessere animale, il settore rappresenta un esempio di partnership di successo tra fase primaria ed industriale.

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