In occasione della riunione del Consiglio Agrifish tenutasi il 27 ottobre a Lussemburgo, l’Italia ha rilanciato la richiesta di maggiori tutele e reciprocità nei confronti delle importazioni di riso nel mercato europeo.
Il sottosegretario al MASAF, Luigi D’Eramo, ha sottolineato che il settore risicolo europeo è particolarmente esposto alla concorrenza di prodotti extra-UE che non rispondono agli standard ambientali, produttivi e socioeconomici comunitari.
In tale contesto, l’Italia ha chiesto che la revisione del Regolamento relativo al Sistema di Preferenze Generalizzate (SPG) preveda una clausola di salvaguardia automatica realmente efficace, attivabile tramite soglie realistiche, per tutelare la produzione Ue.
L’iniziativa italiana ha ricevuto l’appoggio di altri sette Paesi membri dell’alleanza dei produttori di riso europei (EurRice) — Francia, Spagna, Portogallo, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Romania — che condividono le preoccupazioni sulla tutela della filiera comunitaria.
Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha definito «significativo» il ruolo guida assunto dall’Italia, primo produttore di riso nell’UE, che rappresenta circa il 57% della superficie risicola comunitaria. Ha ribadito che l’Italia non è contraria all’apertura commerciale, ma ritiene inaccettabile che vi siano Paesi importatori avvantaggiati da norme di produzione che non garantiscono né qualità né diritti dei lavoratori.
Le associazioni agricole italiane — tra cui Coldiretti — hanno rilevato che l’attuale proposta per la clausola di salvaguardia rischia di essere inefficace perché le soglie previste per l’attivazione sono troppo elevate rispetto ai flussi storici dell’import di riso e la durata della salvaguardia troppo breve.
Secondo Coldiretti, le importazioni nei primi sette mesi del 2025 sono cresciute del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, aggravando il calo delle quotazioni all’origine per le varietà italiane più pregiate.
In conclusione, l’Italia chiede all’Unione Europea un intervento che vada oltre le aperture al libero commercio: serve un sistema che assicuri parità di condizioni tra produttori comunitari e importatori extra-UE, a tutela della qualità, dell’ambiente, del lavoro e della sovranità alimentare europea.







