Luci, ma anche qualche ombra sull’export agroalimentare italiano. Il settore è uno dei più rappresentativi del Made in Italy, con oltre 200 miliardi di euro di fatturato aggregato nel 2021 e 65 miliardi di euro di valore aggiunto.
Numeri che lo portano ad essere il primo comparto Made in Italy per valore generato e il più resiliente alla crisi Covid, con un business verso l’estero cresciuto nel 2021, seppure a ritmi più bassi rispetto ad altri comparti merceologici. Per fare il punto della situazione di un settore così determinante per la nostra economia, The European House – Ambrosetti ha organizzato e promosso la sesta edizione del forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”, che si terrà a Bormio i prossimi 17 e 18 giugno 2022.
“Il settore agroalimentare italiano si conferma anche nel 2021 un asset fondamentale per la competitività del Paese”, ha detto Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti. “Oltre 200 miliardi di euro di fatturato realizzato, 50,1 miliardi di euro di esportazioni (record storico), oltre 1,4 milioni di occupati coinvolti in 1,2 milioni di imprese. Non solo. Con 65 miliardi di euro di Valore Aggiunto generato equivale a più del doppio della somma del settore aerospaziale di Francia, Germania e Regno Unito e due volte e mezzo il settore automotive di Francia e Spagna”.
Ora però si temono le ripercussioni del conflitto russo-ucraino, due importanti partner commerciali per la filiera agroalimentare italiana, anche a causa dell’ulteriore innalzamento del costo di alcune materie prime agricole. A ciò si deve aggiungere un’inflazione che non arresta la sua crescita.
Tutti gli argomenti del Forum
Il ricco programma dell’evento valtellinese, che si candida a diventare punto di riferimento nazionale per il comparto grazie alla presenza dei più importanti stakeholders del settore food&beverage, ma anche di esperti di marketing, politica e sport, sarà centrato su alimentazione, salute e sport e vivrà i suoi momenti salienti nella presentazione della sesta edizione del Position Paper “La Roadmap del futuro per la filiera agroalimentare italiana: quali evoluzioni e sfide per il futuro” di The European House – Ambrosetti dedicato allo stato dell’arte della filiera agroalimentare italiana.
Inoltre, verranno illustrate le due ricerche di approfondimento strategico “Italian Sounding: quanto vale e quali opportunità per le aziende agroalimentari italiane” realizzata in collaborazione con Assocamerestero, e “La R(evoluzione) sostenibile della filiera agroalimentare italiana” condotta insieme a Coca-Cola Hbc Italia, Schneider Electric e Antares Vision.
Saranno cinque i temi portanti del Forum: impatto delle crisi contingenti sulle filiere e strategie per il loro rilancio, Italian Sounding, opportunità di Internazionalizzazione, sostenibilità e correlazione tra alimentazione, sport e salute. Sul fronte internazionale, un focus rilevante verrà dedicato alle Filippine – un Paese dall’economia in forte crescita (+18% negli ultimi 5 anni) che costituisce un mercato di importanza strategica per le grandi opportunità di sviluppo per le aziende del food&beverage italiane.
La filiera agroalimentare è uno degli asset chiave del Made in Italy
La filiera agroalimentare italiana è un asset strategico chiave per la competitività del Paese e in crescita nonostante i recenti numerosi shock. L’aggregato ha raggiunto un fatturato nel 2021 di 204,5 miliardi di euro (cresciuto del +3,8% dal 2015) e occupa 1,4 milioni di persone (di cui 483.000 nell’industria del Food&Beverage e 925.000 nel comparto agricolo), con un Valore Aggiunto (inteso come contributo diretto al Pil) di 65 miliardi di euro. La filiera agroalimentare è prima in Italia per Valore Aggiunto generato tra i principali settori del Made in Italy e la seconda economia europea per incidenza del Valore Aggiunto agrifood sul Pil (3,9%, seconda solo alla Spagna che raggiunge il 4,7%).
Esportazioni: superata la soglia dei 50 mld
Nel 2021 il comparto food&beverage ha dunque riportato oltreconfine ricavi record, mai così alti nella storia. Una performance che tradotta in cifre equivale a 50,1 miliardi di euro, in crescita del 10,8% rispetto all’anno precedente. Tale andamento, inoltre, ha permesso alla bilancia commerciale della filiera agroalimentare di registrare un surplus positivo pari a 3,3 miliardi di euro, ribadendo un trend che prosegue dal 2019. Il vino è stato il primo prodotto del comparto per vendite all’estero, assorbendo il 14,3% dell’export totale agrifood e sviluppando un giro di affari pari a 7,1 miliardi di euro. Osservando l’itinerario geografico che seguono i prodotti italiani alimentari, la Germania rimane il primo bacino di approdo, con una market share pari al 22,4%, una crescita annuale del 6,6% e un fatturato di 8,4 mld di euro. Seguono Stati Uniti e Francia, vicini tra loro con una rispettiva quota del 15,1% e del 15%.
È record decennale, ma l’export può (deve) fare ancora meglio
Nonostante il business dei prodotti food&beverage italiani abbia segnato un record decennale fuori dai confini nazionali, lo studio di The European House – Ambrosetti ha però evidenziato alcune criticità. Innanzitutto, se è emerso che il settore è stato quello che, nel 2020, ha mostrato maggiore resilienza nei confronti della pandemia, subendo complessivamente una perdita contenuta del Valore Aggiunto dell’1,8%, è anche vero che nel 2021 è cresciuto meno degli altri principali comparti e, pur riportando una progressione del 6,2%, è riuscita a fare meglio solo dell’industria farmaceutica (+2,2%).
Spostando poi l’attenzione verso l’export, la performance dell’ultimo biennio non si può definire sbalorditiva se analizzata rispetto agli altri settori. Nel 2019-2021 l’incremento del 13,6% colloca l’agroalimentare al terz’ultimo posto nel ranking delle principali filiere italiane. Il Paese è inoltre solo 5° in Unione Europea per valore delle esportazioni alimentari, un valore pari al 65% dell’export tedesco e al 72% di quello francese. La performance del Paese non migliora guardando all’incidenza dell’export agrifoodsul totale, pari al 9,7%, metà della quota spagnola e il 70% di quella francese.
La guerra minaccia export e import
Il conflitto tra Russia e Ucraina si è immediatamente fatto sentire sul costo delle materie prime alimentari. L’impennata dell’inflazione è stata avvertita già una settimana dopo l’inizio delle ostilità militari. Particolarmente colpito il grano tenero, il cui prezzo ha subìto un rincaro del 13%.
Gli impatti del conflitto sulla filiera agroalimentare italiana sono molto rilevanti: i due Paesi valgono per 932,7 milioni di Euro di esportazioni agrifood (con la Russia come 18° partner commerciale) e 901,2 milioni di importazioni (con l’Ucraina come 18° partner commerciale). È proprio dal lato importazioni che le minacce del conflitto sfociano in nuovi rischi per alcune filiere agroalimentari chiave del Paese: infatti, l’Ucraina è 1° fornitore di olio di girasole per l’Italia, 1° fornitore di semi e 2° fornitore di mais e elementi nutritivi per le coltivazioni, con pesi sul totale dell’import che vanno dal 15% fino al 63% (è il caso dell’olio di girasole, elemento chiave anche per alcune filiere di trasformazione).
L’Italia rimane un paese ‘dipendente’
Come evidenziato dai rischi del conflitto in Ucraina, tra i suoi deficit strutturali il Belpaese soffre la carenza di materie prime agricole e questo gap nel 2021 si è ulteriormente ampliato. Un dato di fatto confermato dai numeri diffusi da The European House – Ambrosetti, secondo i quali, lo scorso anno, l’Italia ha aumentato di 1 miliardo di Euro ulteriore la sua dipendenza da materie prime agricole, raggiungendo un deficit commerciale complessivo di 8,5 miliardi di Euro nel 2021. In generale, analizzando l’andamento dal 2010 al 2021, il nostro paese ha ‘perso’ oltre 85 miliardi di PIL proprio a causa di questa situazione che lo vede costretto ad acquistare da Paesi terzi i prodotti necessari in ambito di produzione agricola. Spicca soprattutto la scarsità di cereali reperibile a livello nazionale, che comporta un deficit della bilancia commerciale di quasi 5 miliardi di euro, ma si bussa alla porta di fornitori stranieri anche per il pesce lavorato (-4,4 mld) e i prodotti ittici (-1,2 mld), la carne lavorata (-3,6) e gli oli e i grassi (-2,7), molti di questi proprio provenienti da Ucraina e Russia come visto prima.
Sostenibilità: alleato di cui non si può più fare a meno
Ulteriore sfida non più procrastinabile a cui la filiera agroalimentare è chiamata a rispondere, è quella della sostenibilità. Nel 2050 la popolazione mondiale toccherà i 10 miliardi di abitanti, con conseguente aumento del 50% della domanda di prodotti agricoli. Un futuro prossimo nel quale si imporranno forme di consumo che tenderanno a privilegiare carne, frutta e verdura, con conseguenze inevitabili che spingeranno verso un maggiore sfruttamento del suolo e una crescita delle emissioni di gas serra, a cui si aggiungono già da ora condizioni climatiche sempre più instabili e imprevedibili.
Per contrastare queste criticità è necessario pianificare politiche e strategie strettamente fondate sulla sostenibilità, come ribadisce la ricerca dedicata al tema presentata da The European House Ambrosetti. Tra i punti chiave necessari a realizzare la transizione della filiera agroalimentare, l’urgenza di favorire l’educazione alimentare promuovendo stili di consumo sano ed equilibrato, ampliare misurazione della sostenibilità con metodologie già esistenti (carbon footprint, water footprint ed ecological footprint) e implementare la ricerca di soluzioni tecnologiche abilitanti della transizione sostenibile.