Se sarà confermato il trend dei primi sette mesi dell'anno (+9,3%), l’export di settore raggiungerà a fine 2024 un livello mai raggiunto prima. Federalimentare segnala come l’export dell’industria alimentare Made in Italy sfiori il +10% nei primi sette mesi dell’anno (+9,3%) e punti a raggiungere i 57 miliardi a fine 2024.
Il buon andamento è complessivo e va dai formaggi ai dolci, dal vino ai salumi: l’export dell’industria alimentare, dopo un 2023 in cui ha raggiunto quota 52,2 miliardi, raddoppiando in dieci anni il suo valore, conferma quindi il trend con un’ulteriore crescita che a fine 2024 può toccare i 57,0 miliardi, con una quota aggiuntiva di 4,8 miliardi. Si tratta di un risultato davvero importante, tanto più in un contesto internazionale debole, in cui il commercio esprime un modesto +1,6% sull’anno precedente.
Federalimentare segnala che, se le stime saranno confermate dall’andamento di fine anno, sommando ai 57,0 miliardi dell’industria alimentare gli 11 miliardi prevedibili per il settore primario, l’export agroalimentare 2024 potrebbe raggiungere la quota complessiva di 68 miliardi, avvicinando il grande traguardo di 70 miliardi.
Sul gennaio-luglio 2024, fra i prodotti più ricercati all’estero, emergono quelli appartenenti all’enologico, con 5,0 miliardi di euro di export; al dolciario, con 4,3 miliardi; al lattiero caseario, con 3,4 miliardi; all’oleario, con 2,6 miliardi; al pastaio, con 2,5 miliardi; alla trasformazione degli ortaggi, con 2,5 miliardi.
Tra i mercati che amano in modo speciale i nostri prodotti, svettano gli Stati Uniti. La crescita di questo mercato nei primi sette mesi dell’anno è molto significativa, con un valore export di oltre 4,4 miliardi di euro, un + 19,7% sullo stesso periodo 2023 e una quota del mercato estero di settore pari al 13,5 %. Primeggia ancora comunque la Germania, che continua ad essere leader in classifica, con 4,6 miliardi (+5,3% sui primi sette mesi 2023) e una quota di mercato del 14,2%. Le esportazioni di settore 2024 si consolidano anche nei paesi a ridosso dei primi due, e cioè in Spagna (+9,2%), nel Regno Unito (+7,0%), e in Francia (+4,0%).