Quale è il rapporto tra gli italiani e il novel food, ossia tutti quei cibi innovativi che includono carne coltivata in laboratorio, proteine derivate da insetti, alghe, meduse e altri prodotti nati dalla ricerca scientifica e dal crescente bisogno di sostenibilità? A fare luce sul tema una recente indagine BVA Doxa.
Curiosi, ma cauti; attenti alla salute e fedeli alle tradizioni: è con questi atteggiamenti che gli italiani guardano alle innovazioni sul fronte del cibo, sulle quali solo il 23% si considera informato e il 40% si dice possibilista rispetto al consumo.
La ricerca condotta da BVA Doxa è stata effettuata su un campione rappresentativo della popolazione italiana composto da 1.000 uomini e donne tra i 18 e i 65 anni, esplorando la conoscenza, la propensione al consumo e le barriere percepite rispetto al cosiddetto novel food.
La conoscenza di questa tipologia di cibi è distribuita in modo omogeneo tra uomini e donne, senza particolari differenze tra le fasce d’età, ma emerge con maggiore intensità tra i giovani dai 18 ai 34 anni, che si distinguono anche per apertura e sperimentazione.
Alla domanda “Saresti disposto/a a provare i novel food?”, come accennato poco sopra, il 40% degli italiani si dice possibilista, rispondendo “dipende dal tipo di alimento”. Solo una minoranza (9%) è pronta a provarli subito, mentre il resto esprime dubbi o contrarietà. Come era facile attendersi i 18-34enni sono i più aperti alla sperimentazione, mentre gli over 55 si mostrano i più restii, evidenziando un forte attaccamento alla cucina tradizionale.
E altrettanto prevedibilmente il principale ostacolo all’accettazione del novel food è proprio il forte legame con la tradizione alimentare: per il 39% degli italiani, il fatto che questi cibi siano “estranei” alla cultura gastronomica nazionale riduce la disponibilità a provarli. Solo il 34% ritiene che l’innovazione alimentare possa avere un impatto positivo sulla propria dieta.
L’analisi BVA Doxa segnala le principali motivazioni che scoraggiano il consumo: il disgusto e la diffidenza verso i sapori sconosciuti; il timore per gli effetti sulla salute, in particolare tra le donne; il sospetto verso ciò che non rientra nelle abitudini tradizionali.
CI sono al contrario degli elementi che riguardano gusto, salute e sostenibilità e che potrebbero facilitare gli italiani ad introdurre questi nuovi alimenti nella loro dieta. In particolare: un gusto gradevole (che è stata la prima motivazione per tutti i target analizzati); i benefici per la salute (più rilevanti per gli uomini); un impatto ambientale positivo (particolarmente sentito dai giovani), un prezzo conveniente.
Tra i diversi cibi innovativi quelli che incuriosiscono di più sono risultati essere la carne vegetale, le alghe e le meduse che sopravanzano la carne sintetica. Bisogna ricordare che in termini di esperienza diretta, i cibi plant-based, funzionali e sostenibili sono già stati introdotti nella dieta di una parte della popolazione, in particolare da donne e giovani.
Nonostante l’interesse, la propensione a spendere di più per alimenti legati alle nuove tendenze resta bassa: solo 1 italiano su 4 sarebbe disposto a farlo, e solo a seconda del tipo di prodotto. Il contesto economico incide fortemente sulle scelte alimentari. Il 49% degli italiani ha modificato le proprie abitudini negli ultimi 12 mesi a causa dell’aumento dei prezzi.
«Il novel food - spiega Daniela Conti, Responsabile del Dipartimento FMCG di BVA Doxa - rappresenta una sfida culturale oltre che economica. Per guadagnare terreno dovrà sapersi integrare con la nostra tradizione gastronomica e offrire valore percepito in termini di gusto, salute e sostenibilità».