Ogni alimento contiene in sé una carica microbica, che è determinata dalla tipologia di prodotto, dalla sua qualità originaria e dalle manipolazioni subite. In condizioni ambientali favorevoli, la carica microbica si moltiplica aumentando il rischio di provocare intossicazioni alimentari; il calore, ad alte temperature, ne consente la distruzione mentre il freddo ne impedisce la proliferazione.

Ogni anno, più di otto milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nel mare.

Ed è del 2016 la stima che, entro il 2050, il volume di materie plastiche accumulate negli oceani sarà maggiore di quello del pesce in essi contenuto. Ma non sono quelle macroscopiche l’unico problema. 

In un mio recente intervento sulla rivista Produzione & Igiene Alimenti (n.3 - giugno 2019) segnalavo quanto grave dovesse essere considerato l’incremento nell’ambiente di microrganismi resistenti agli antibiotici e come negli ultimi anni fossero migliaia nel mondo i casi di infezioni e di morti attribuibili a infezioni non curabili con gli antibiotici.

Secondo le più recenti proiezioni, in prossimità dell’anno 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi di individui. Come riuscire a produrre e rendere accessibile il cibo necessario per soddisfare le esigenze di tutti questi consumatori e, soprattutto, come farlo nel rispetto delle risorse del nostro pianeta che non sono illimitate, è questione sempre più urgente. 

Un approfondimento sulla prevenzione ed eliminazione negli stabilimenti alimentari. Continua a essere l’infezione di origine alimentare che preoccupa di più, con tassi di decesso (insieme a Salmonella) fra i più alti segnalati negli ultimi 10 anni in Europa.

Le attività di disinfestazione e derattizzazione devono evolvere da semplici interventi reattivi a processi integrati, trasparenti e misurabili. Il valore di UNI 11956 definisce un quadro organico in cui i requisiti organizzativi e quelli di servizio si integrano.

Le attività di sanificazione e di igiene nelle produzioni alimentari sono la leva fondamentale per prevenire molte problematiche relative alla sicurezza alimentare. Quando si parla di igiene non ci si riferisce solo alle operazioni di pulizia e disinfezione, ma anche alle attività di manutenzione degli impianti e di prevenzione delle contaminazioni.

Il lavoro dei disinfestatori è in costante evoluzione e, indubbiamente, ci sono circostanze che potrebbero complicarlo: mutano le leggi, diminuiscono le sostanze attive disponibili, gli adempimenti sono complessi e articolati e il mercato, infine, richiede maggiore attenzione, anche sotto il profilo delle certificazioni.

La presenza con nidificazione può impattare significativamente sulla salubrità prodotti alimentari e sul valore di tutta la catena di fornitura. La presenza degli uccelli nelle aree antropizzate necessita di un attento esame delle condizioni ambientali in cui un sito è dislocato e un’analisi attenta della avifauna presente o potenzialmente presente a causa dell’attrattività di un sito alimentare di lavorazione.

Il CIP (cleaning-in-place) impiega trattamenti termici e sostanze chimiche non biodegradabili (acidi e alcali), che richiedono un’adeguata neutralizzazione prima dello smaltimento, con conseguenti sfide di sostenibilità. Inoltre, i biofilm rappresentano una delle principali fonti di contaminazione e deterioramento nelle industrie lattiero-casearie e si ritiene che gli attuali protocolli CIP chimici non li distruggano completamente.

L’intero pianeta o, per meglio dire, l’intero genere umano sta affrontando una sfida complessa e ardua: il campo da gioco è quella della sostenibilità, nella sua visione e definizione più estesa, al fine di garantire il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.